Padova, 20 giugno 2023 - Ci eravamo già passati. Per decenni ci sono stati i figli di 'primo letto', quelli legittimi, con ogni diritto, a partire dal cognome (paterno, per carità) fino all'eredità. Gli altri, quelli nati in altri letti, da relazioni 'clandestine', invece erano figli della vergogna (o di una svergognata che dir si voglia), senza padre e, soprattutto, senza il suo cognome a darne legittimità sui documenti e nell'asse ereditario, salvo benevoli 'riconoscimenti' del pargolo da parte del fedifrago. Dal punto di vista sociale era come portare una lettera scarlatta.
Poi i tempi sono cambiati. Il divorzio e il riconoscimento del femminicidio hanno sovvertito il sistema. E oggi non importa, o è meno rilevante, da che numero di letto si provenga: le famiglie sono sempre più 'allargate', le donne hanno figli da uomini diversi (e viceversa) ma i bambini, è stato sancito, hanno tutti gli stessi diritti. Questo, almeno fino a ieri. Quando la Procura di Padova ha reso noto di aver inviato a tutte le 33 coppie gay, nel caso specifico tutte donne, un atto di impugnazione degli atti dell'anagrafe richiedendo la cancellazione del nome della madre non biologica, e la "rettifica" del cognome attribuito alla figlia, tramite cancellazione di quello della 'seconda mamma'.
Impugnazioni “tutte uguali”
La prima famiglia a ricevere la notifica dalla Procura e a darne comunicazione è stata una coppia formata da due mamme la cui figlia è stata registrata il 30 agosto 2017: la piccola ha quasi 6 anni. Ma la procuratrice facente funzioni di Padova, ha spiegato che si tratta di “casi uguali", per cui "le notifiche dell'impugnazione arriveranno a tutte le 33 coppie per le quali abbiamo chiesto al Comune, ad aprile, gli atti anagrafici”, precisando di essere tenuta a "far rispettare la legge e con l'attuale normativa non posso fare altro”.
Cosa cambia?
Con questo procedimento si torna ad avere figli discriminati tra quelli che si potrebbero definire, di 'primo utero', cioè partoriti da una delle due donne della coppia, che diviene una sorta di 'madre single', e chi no, perché nati da coppie eterosessuali. Il minore in questo caso perderebbe uno (magari il solo) cognome scelto all'atto dell'iscrizione all'anagrafe. Il suo cognome deve essere per forza solo quello di chi l'ha partorito. Il bambino o la bambina perderebbe così legalmente una delle due mamme che non avrebbe più alcun diritto (e dovere) nei suoi confronti.
Un esempio? La mamma 'secondo utero' potrebbe accompagnare la figlia o il figlio al parco giochi ma non dal pediatra, al cinema ma non al colloquio scolastico con le insegnanti: le sarebbe impedito di ottenere informazioni in caso di un ricovero d'emergenza in ospedale, non risultando in alcun modo parente. I casi in cui la madre non partoriente sarebbe esclusa dalla vita della o del minore, sono innumerevoli, soprattutto oggi che, rispetto al passato, servono firme e documenti anche solo per accedere al registro elettronico scolastico, firmare il permesso per una gita, ritirare il bambino o la bambina da scuola, e mille altre incombenze.
L’aspetto economico
Non mancano, poi le ricadute anche in termini economici: esattamente come nelle coppie eterosessuali, infatti, non è affatto scontato che entrambe le donne lavorino e, comunque, una delle due potrebbe avere un reddito molto più alto da cui il minore, legalmente, non avendo più un legame di parentela, verrebbe escluso.
Cambia anche tutta la gestione di eventuali sussidi, legati all’Isee e alla composizione del nucleo familiare.
Fratelli o sorelle divisi?
Nel caso estremo di decesso della madre che ha avuto il figlio in grembo, il minore rischierebbe di essere affidato ai servizi sociali invece che restare in famiglia, con l'altra mamma. Ci possono poi essere fratelli o sorelle, ciascuno figlio di una delle due madri, che verrebbero 'separati', almeno legalmente, per così dire, alla nascita: di fronte alla legge sarebbero solo minori conviventi sotto lo stesso tetto.
Mamma senza potestà
La madre non partoriente inoltre perderebbe la potestà sul minore che ha contribuito a crescere, senza poterne rivendicare in alcun modo un vincolo di genitorialità. Il Governo si dice fortemente schierato contro l’utero in affitto ma, almeno nei casi di Padova, trattandosi di due mamme, che possono aver concepito grazie ad un donatore, con l’inseminazione naturale o artificiale, la gestazione per altri non c’entra. Si tratta, più che altro, di coppie di fatto, come quelle eterosessuali conviventi.
Perdere la mamma
Dal punto di vista psicologico e sociale è tutto da valutare l’impatto di questa azione legale: se essere figli di primo o secondo letto era nell’ordine delle cose del contesto sociale in cui si era nati e cresciuti, l’applicazione di questa norma arriva come una scure improvvisa. Come può sentirsi una bambina separata ’legamente’ dalla mamma che conosce da quando è nata, sentirsi dire che ci sono mamme di serie A e di serie B? Che deve magari, cambiare cognome? E dal punto di vista sociale quali reazioni potranno esserci?
Cosa fare?
Molti sindaci, tra cui quello di Padova, hanno firmato comunque gli atti di nascita di questi figli di coppie gay. Ma ora le norme adottate dal Governo e la loro applicazione, così celere a Padova, ne vuole la cancellazione. Come finirà? Il sindaco di Padova chiede, a nome dei bambini, che venga colmato un vuoto normativo.