Giada Zanola: il compagno non risponde al gip, ma resta in carcere

Concluso l’esame sul corpo della 34enne di Vigonza, gettata dal cavalcavia sull’A4 da Andrea Favero

Giada Zanola e il cavalcavia dal quale è stata gettata dal compagno Andrea Favero

Giada Zanola e il cavalcavia dal quale è stata gettata dal compagno Andrea Favero

Padova, 31 maggio 2024 – Ci sono ancora tanti punti oscuri nel femminicidio di Giada Zanola, la 34enne gettata dal cavalcavia sull’A4 per mano del compagno compagno Andrea Favero, che comunque resta in carcere, anche se all’interrogatorio di garanzia si avvale della facoltà di non rispondere. Oggi inoltre è stata eseguita l’autopsia sul corpo martoriato della giovane mamma, recuperato in autostrada dopo un volo di 15 metri. 

L'accusa per il 39enne è di omicidio volontario aggravato. Il giudice, non ha convalidato il provvedimento di fermo di indiziato di delitto, ritenendo non vi siano i presupposti del pericolo di fuga. Ha accolto però il restante impianto accusatorio della Procura, ritenendo sussistano 'gravi, precisi e concordantì indizi di colpevolezza, ed ha emesso una nuova ordinanza di custodia cautelare.

Un’amica ha raccontato che la donna aveva “paura” di quel compagno violento e, addirittura, due giorni prima di morire le aveva mostrato delle foto con i lividi sul collo riportati durante un litigio. Lei era stanca e voleva lasciarlo: progettava di cambiare vita e per questo aveva annullato le nozze con Favero.  

L'autopsia: i punti da chiarire

È terminato poco prima delle ore 20 l'esame autoptico eseguito all'istituto di medicina legale di Padova sul corpo di Giada Zanola. Il medico legale, prof Marco Terranova, ha effettuato il prelievo di tessuti per eseguire gli accertamenti tossicologici e non ha dato anticipazioni sui primi riscontri dell'esame. All'autopsia hanno partecipato anche i consulenti di parte, della difesa di Andrea Favero, accusato dell'omicidio, e della famiglia della vittima. I dati tossicologici saranno importanti anche per appurare se Giada Zanola sia stata magari stordita, con farmaci o altre sostanze, prima della morte, o avvelenata pian piano, come lei stessa aveva confidato alle amiche di temere. E soprattutto è importante chiarire se Giada fosse ancora viva quando è stata buttata dal ponte di Vigonza – che si trova a meno di un chilometro dalla casa dove viveva con Favero – o se a ucciderla, quella terribile notte del 29 maggio, siano state le auto e il tir che l’hanno travolta sulla carreggiata per Milano. Sarà un elemento determinante per il pm di Padova che sta coordinando le indagini e che dovrà valutare la posizione di Favero, che al momento si trova in stato di fermo al carcere patavino. 

Favero: “Ho un vuoto sulla caduta”

A protezione del cavalcavia, tra l’altro, c’è una rete metallica di protezione alta almeno due metri. Forse i lividi che il 39enne aveva sulle braccia quando è stato ascoltato per la prima volta dal pm potrebbero essere causati proprio dal tentativo della donna di divincolarsi dalla presa per salvarsi la vita.

Ho un vuoto sulla caduta”, ha detto Favero quella notte in caserma. "Non ricordo che Giada sia caduta dal parapetto, ricordo solo che mi continuava a offendere e ricattarmi dicendo che mi avrebbe portato via mio figlio", ha detto agli inquirenti. E poi ha affermato di avere "come un vuoto" e di non riuscire "a mentalizzare la scena" di cosa fosse accaduto a Giada.

L’amica di Giada: “Afferrata al collo”

I segnali della violenza pare ci fossero già tutti. Chi conosceva Giada e Andrea racconta di liti ed episodi di violenza nascosti dietro la porta di casa. Lei aveva confidato ad un’amica di essere stata “afferrata per il collo” dal compagno in un litigio avvenuto il 27 maggio, solo un giorno prima dell'omicidio.

Giava aveva perfino mostrato ad un'amica le foto con le ecchimosi sul corpo riportate dopo questo episodio, confessando “di aver paura”. È uno dei passaggi presenti nel provvedimento con il quale la Procura di Padova ha disposto il fermo dell'uomo per omicidio volontario.