Padova, 27 aprile 2022 – “Qualcuno degli amici sa qualcosa sulla morte di mio figlio”. Non ha dubbi sulla morte del figlio Latifa Joudier, la mamma del 15enne Ahmed, sparito da casa e ritrovato senza vita nel fiume Brenta. “Era un bravo ragazzo – insiste la mamma – non aveva a che fare con la droga”. Lo dice con la voce spezzata dal dolore, ma il tono è irrevocabile.
Aggiornamento
Il mistero si infittisce:
- Il sospetto: due ragazzi morti nello stesso punto
- Le indagini: istigazione al suicidio
- Gli amici: “Frequentava un gruppo di bulli”
- Baby gang, qualcuno ha agito nell’ombra?
- Amadasun: “Chiederemo la riapertura del caso”
- Il codice segreto
- Chi era Ahmed
- Il dolore di chi conosceva Ahmed
Il sospetto: due ragazzi morti nello stesso punto
Secondo la mamma, il 15enne non si sarebbe tolto la vita dal dolore per essere stato lasciato dalla fidanzatina, l’ultima persona a cui Ahmed ha mandato un messaggio prima di sparire nel nulla, ma spinto da una “mano ignota”, forse legata al giro delle sue conoscenze. A sostenere l’ipotesi di una baby gang che possa avere agito nell’ombra, c’è anche il padre di Henry Amadasun, il 18enne di origini nigeriane che lo scorso settembre si lanciò dallo stesso punto sul fiume Brenta. “Credo che le due storie siano legate”, la pensa così anche il sindaco di Cadoneghe, Marco Schiesaro.
Forse esiste un codice segreto usato in chat e sui social, questa l’ipotesi della famiglia Amadasun che, alla luce della similitudini con cui sono morti i due ragazzi, spinge per la riapertura del caso.
Le indagini: istigazione al suicidio
Mistero attorno alla morte di Ahmed Jouider, il 15enne padovano di origini marocchine trovato morto nel Brenta ieri mattina. La Procura ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio, in queste ore sta contattando tutti gli amici del ragazzo, ascoltandoli uno a uno, per capire cosa sia realmente successo in quei cinque giorni di buio: dalla scomparsa di giovedì scorso, la sera del 21 aprile, fino al ritrovamento del corpo avvenuto ieri mattina. Dopo aver aperto un fascicolo per sequestro di persona, ora il pm Andrea Girlando ha infatti modificato l'ipotesi di reato in istigazione al suicidio proprio per allargare il campo delle ipotesi di reato e sperare che dall'autopsia, prevista per domani, arrivi qualche prima risposta.
Per far luce sulla vicenda, il pm Andrea Girlando ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio. Inizialmente il fascicolo era aperto per sequestro di persona, il cambio di ipotesi di reato consentirà alla Procura di poter fare l'autopsia sul corpo del ragazzo probabilmente già domani o venerdì. Il cadavere del ragazzo è stato trovato a 7 metri di profondità dai sommozzatori sotto la passerella pedonale che unisce le località di Torri e Cadoneghe, dove era stato rinvenuto il suo telefono cellulare.
Gli amici: “Frequentava un gruppo di bulli”
Sulla cerchia delle amicizie si concentra in queste ore l'attenzione della squadra mobile di Padova, che sta analizzando con un consulente il computer e il telefono usati dall'adolescente. Ad essere ascoltanti oggi sono stati alcuni degli amici più stretti di Ahmed, gli stessi che ieri avevano confermato che in effetti il 15enne da qualche tempo si comportava in modo strano.
Molte le voci che girano nel quartiere di Mortise, dal quale il ragazzo è sparito il 21 aprile scorso. Più d'uno parla della frequentazione di un gruppo di bulli di un paese vicino, già protagonista di atti violenti. Ma anche del dispiacere di Ahmed per la fine della storia con la sua fidanzatina, alla quale ha lasciato l'ultimo messaggio inquietante. “Ci eravamo mollati – ripete la ragazzina – ma i nostri rapporti erano buoni”. Eppure proprio le parole di quell'ultimo vocale al cellulare fanno pensare. “Ho delle questioni in sospeso con alcune persone, più che altro penso che morirò, penso di sì, o se non muoio – dice Ahmed – avrò delle ferite gravi”.
Baby gang, qualcuno ha agito nell’ombra?
Curiosamente è il ponticello di metallo che separa Padova da Cadoneghe, sul quale è stato ritrovato il cellulare del giovane, ad aprire allo scenario più inquietante, quello di una baby gang che agisce nell'ombra. “Potrebbe non essere l'unico ragazzino ad essere morto in pochi mesi perché preso di mira da un gruppo di coetanei”, è il sospetto del papà di Henry Amadasun, 18enne di origini nigeriane, che a settembre dello scorso anno si lanciò dallo stesso punto sul fiume Brenta.
Amadasun: “Chiederemo la riapertura del caso”
Ieri il padre del giovane, Evans, ha parlato con il suo avvocato Marcello Stellin. “Troppe similitudini, le persone che hanno fatto male ad Ahmed potrebbero essere le stesse che hanno fatto male a Henry”, ha detto l'uomo al legale. La famiglia è convinta che qualcuno avesse preso di mira il figlio fino a portarlo a odiare la vita. “Da settembre a oggi abbiamo sentito tanti ragazzi e anche le loro famiglie – spiega Stellin, pur precisando che Ahmed e Henry non si conoscevano – e presto avremo gli elementi per chiedere la riapertura del caso. Ma abbiamo trovato anche tanta omertà, credo che tra i giovani ci sia un codice particolare, che conoscono solo loro”.
Il codice segreto
Un codice che verrebbe usato nelle chat e nei social con profili segreti. A tendere un filo tra i due casi è anche il sindaco di Cadoneghe, Marco Schiesaro. “La morte di Ahmed riapre una ferita, quella lasciata per la morte di Henry – afferma – i due ragazzi se ne sono andati con la stessa modalità, hanno lasciato messaggi di addio, e inspiegabilmente si sono tolti la vita, credo che le due storie siano legate. Ahmed frequentava Cadoneghe e forse qui c'è qualcuno che sa qualcosa e che non parla – conclude – chiedo ai ragazzi e agli adulti, a chiunque sia a conoscenza di qualche informazione utile, di darci notizie”.
Chi era Ahmed
Ahmed, che viveva nel popoloso quartiere di Mortise, aveva addosso gli abiti con i quali era uscito di casa, dopo aver salutato la mamma cinque giorni fa: una tuta da ginnastica nera e un paio di scarpe da tennis bianche.
Il dottor Andrea Porzionato, che ha fatto un primo esame esterno sul corpo del ragazzo la mattina del ritrovamento sul fiume, non ha trovato segni di colluttazione o violenza, nessun segnale che lasci intendere che il ragazzo, prima di finire del fiume, abbia opposto resistenza a qualcuno, ma sarà l'autopsia a stabilire l'ora del decesso con esattezza, e a chiarire le cause della morte.
Manca ancora all'appello la bicicletta rossa con cui Ahmed era uscito di casa, dicendo che si incontrava con gli amici. E manca, soprattutto, una risposta al messaggio sinistro, un vocale su whatsapp, inviato la sera del 21 aprile all'ex fidanzata 17enne: "ho delle questioni in sospeso con alcune persone, più che altro penso che morirò, penso di sì, o se non muoio avrò delle ferite gravi, ti amo". Sui dati del telefono sta lavorando la Questura, con gli agenti della squadra mobile e la scientifica di Padova.
Di lui non c'erano segnalazioni alle forze dell'ordine, neanche per ordine pubblico. A scuola era uno che studiava con profitto, all'istituto tecnico 'Bernardì di Padova, apprezzato dai suoi docenti anche per il carattere.
Il dolore di chi conosceva Ahmed
"Era un ragazzo buono, Ahmed, che studiava e basta. A volte lo vedevamo giocare a calcio con i nostri figli, ragazzi più piccoli, nel campetto di Mortise. È difficile capire", dice una donna arrivata ieri vicino al fiume per testimoniare vicinanza alla famiglia. "La mamma lavorava molto, era impiegata al Comune, e teneva in piedi da sola la sua famiglia. Una donna bravissima" aggiunge un'altra. Sul greto del Brenta c'era il papà di Ahmed, divorziato dalla moglie, e che da anni vive altrove. Anche se non vedeva il figlio, l'avrebbe riconosciuto senza incertezze.