ALESSANDRO TREBBI
Sport

Bertoli si racconta a ’Volley Talk’ "Così l’Italia è arrivata ai vertici"

L’ex pallavolista sarà fra gli ospiti più attesi dell’evento che è in programma lunedì ai Giardini Ducali

Bertoli si racconta a ’Volley Talk’ "Così l’Italia è arrivata ai vertici"

di Alessandro Trebbi

Sarà l’ultimo appuntamento nazionale dei cosiddetti ‘Volley Talk’ in vista degli Europei di fine estate. Quale città se non Modena per ospitare, condotto da Massimo Salmaso, un format che ha fatto il giro d’Italia per parlare della storia della Nazionale azzurra e che si fermerà ai Giardini Ducali lunedì, il 24 luglio, alle 21. Ospiti d’onore Marco Meoni, Fabio Vullo, ma anche Franco Bertoli e Lorenzo Bernardi, due campioni che hanno lasciato il segno.

Bertoli, lei si può definire un pioniere della ‘Generazione dei Fenomeni’?

"Nel 1983 io fui eletto mister Europa e quell’Europeo fu poi il lancio dell’Olimpiade dell’anno dopo. Arrivammo terzi a parimerito, non andammo sul podio per una questione di pochi punti in un momento nel quale il volley italiano si affacciava per la prima volta ai grandi palcoscenici: la Coppa dei Campioni di Torino nel 1980 e poi, sempre con Prandi, il bronzo ai Giochi di Los Angeles nel 1984 furono le ciliegine sulla torta".

Tra l’altro si può addirittura far risalire l’inizio della continuità ad alto livello al 1976...

"Sì, direi proprio di sì: l’Italia (allora con Anderlini in panchina) si qualificò per le Olimpiadi a Montreal e da allora non abbiamo più mancato un’edizione dei Giochi".

Ci parli di quel bronzo negli Stati Uniti...

"Una bellissima semifinale col Brasile di Montanaro, in cui vincevamo 1-0 e poi perdemmo 3-1 vincendo la medaglia il giorno dopo. Fu l’Olimpiade nella quale nacquero gli Stati Uniti di Kiraly e Doug Beal, quelli che rivoluzionarono la pallavolo con gli specialisti e tante novità che ancora oggi resistono in una pallavolo, allora, che era composta quasi solo da giocatori universali".

Oggi l’Italia è una potenza universale ormai da decenni. "L’Italia è una realtà continua, non parliamo più di cicli. Credo derivi tutto da una cultura, da una conoscenza che crea la base, una fucina che sforna continuamente ragazze e ragazzi di qualità. Ci vuole anche fortuna, certo, ma c’è anche tanto lavoro".

E Modena, che ruolo ha avuto?

"Modena? Beh Velasco, Cantagalli, Bernardi, Lucchetta hanno tutti esordito qui, in un ambiente nel quale c’erano Isola, Forlani, Montorsi, c’ero io come capitano e altri giocatori esperti, un humus che nasce da Panini e da Anderlini, a fine anni Sessanta. Senza quella base forse non sarebbero esplosi i campioni che tutti celebriamo".

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