L’ira (e l’autocritica) dei riformisti cattolici va in scena in una saletta di palazzo Europa, tra luci soffuse e arredamento anni Ottanta. Si sono trovati l’altra sera in oltre una ventina, chiamati a raccolta da Emilio Sabattini. Una riunione-fiume, con breve e sobria pausa per tirare il fiato tra panini e acqua minerale, come ai tempi gloriosi della vecchia sinistra Dc. C’erano il presidente della Provincia Fabio Braglia, i sindaci Maria Costi e Luigi Zironi, l’assessora comunale Ludovica Carla Ferrari, altri amministratori locali e un buon numero di ex che hanno svolto in passato ruoli importanti. Il gruppo si chiama ’Costruttori di futuro’ e ha uno slogan – "Oggi la politica ha bisogno anche di idee" – che la dice lunga sul malcontento, anzi lo sconcerto, cresciuto di recente nella frammentata area cattolica del Pd via via che si incartava la scelta del candidato sindaco per Modena, tra veti incrociati e personalismi. Facce tirate, dunque, e un bel po’ di amarezza, ma anche la voglia di rialzare la testa. L’obiettivo, che prenderà corpo a breve, è presentare un manifesto-programma in trenta punti sul governo di città e provincia. Solo che, ironia della sorte, questi riformisti arrabbiati un po’ anche con sé stessi prendono l’iniziativa più o meno in contemporanea a un altro vertice, quello della segreteria cittadina del partito allargata ai segretari di circolo, da cui esce un quasi accordo sul candidato ’unitario’ (Massimo Mezzetti). Della serie, qui si propone e altrove si decide. Tant’è che due dei presenti a palazzo Europa, Ennio Cottafavi e Gianluca Fanti, a un certo punto devono lasciare la compagnia proprio perché sono segretari di circolo. La parola d’ordine è "non si parla di candidati", ma proprio Cottafavi fatica a trattenersi. "Oggi nel Pd – sbotta – sembra di essere al calciomercato: si discute solo sui nomi, non c’è uno straccio di programma per governare la città. E intanto, dopo aver coinvolto la base, non abbiamo saputo, o forse voluto, ridurre il numero degli aspiranti sindaci. Ero per le primarie di partito, è andata diversamente. Un percorso sbagliato, che mette a rischio la crescita di un’intera generazione di quarantenni".
"Non è stato un bello spettacolo e soprattutto la gente non ha capito", commenta con amarezza Maria Costi, mentre Tino Vaccari, storico dirigente Lapam, ironizza: "Volete un nome nuovo o è troppo tardi?". Pronta la replica di Sabattini: "I candidati non mancano, mi sembra", mentre una voce a fondo sala chiosa: "Saliamo da otto a venti, già che ci siamo". Ma è solo una parentesi, qui si deve discutere di idee, non di uomini. Così Sabattini rompe il ghiaccio. I suoi quattro punti per il manifesto di programma parlano in primo luogo di ambiente e lavoro, con le proposte di un patto territoriale imprese-enti locali sulla riduzione delle emissioni di CO2 e di una clausola nelle gare d’appalto per pagare la manodopera almeno 9 euro l’ora. Poi ci sono i timori per la sanità pubblica – "Solo un’azienda ospedaliera unica per tutta la provincia può migliorare l’efficienza" – e un’idea da portare in Regione: far nascere a Modena, d’accordo con l’Università, una scuola di alta formazione per i quadri dirigenti sanitari. Ma soprattutto non si possono dimenticare monofamiglie e anziani soli: "C’è bisogno – dice Sabattini – di censire il problema e istituire un servizio sperimentale part-time che ascolti i bisogni e aiuti a socializzare". Fin qui il promotore della riunione, ed è solo l’inizio. Prendono la parola in molti, fino a tarda sera, rinfrancati da un rito collettivo quasi consolatorio. Così la rabbia si stempera in passione civile ed escono proposte sulla sicurezza, su un patto per la casa che riduca il costo esorbitante degli affitti, sul ruolo dei quartieri da rilanciare dopo anni di scarsa attenzione e sull’esigenza di fare sistema per affrontare la questione molto scomoda della raccolta differenziata. Quanto alla mobilità, spunta fra l’altro l’idea di estendere le zone 30 a tutte le aree residenziali di Modena. Un lungo elenco di propositi più o meno buoni (si vedrà). Ma tra molti dubbi una cosa è certa: "Modena – dice Giorgio Razzoli – sarà profondamente diversa nei prossimi dieci anni. Il problema è riuscire a governare un flusso continuo di cambiamenti. Per farlo bisogna partire dal confronto, non basta un programma generico redatto dai soliti saggi".