BARBARA
Cronaca

Viaggio nel maxi cantiere: "Il Sant’Agostino è una sfida. E’ così grande e complesso che ci perdiamo anche noi"

Sopralluogo con i tecnici a capo del progetto che coinvolge Fondazione, Comune e Unimore "L’obiettivo è aprire questo enorme spazio che sarà il polo culturale e connetterlo col centro" .

Viaggio nel maxi cantiere: "Il Sant’Agostino è una sfida. E’ così grande e complesso che ci perdiamo anche noi"

Manicardi

Passando all’esterno si vede il complesso Sant’Agostino completamente impacchettato e, guardando in alto, si nota una grande gru che svetta oltre i tetti. Nessun rumore, nessun movimento. Poi basta varcare la soglia d’ingresso (quella su viale Berengario) e ci si ritrova immersi in un cantiere da record visto che l’area territoriale su cui si sta lavorando per realizzare il polo culturale della città è di circa 10.700 mq; la superficie lorda è pari a circa 24.200 mq e ci sono circa 3.500 mq di corti esterne.

All’interno (si entra solo accompagnati e bardati con caschetto e scarpe da lavoro) lo spazio è talmente grande e ingarbugliato che a volte si perdono persino i progettisti mentre gli operai per scambiarsi informazioni si parlano con i telefonini. Data la dimensione del cantiere, ci sono diverse suqadre con relativi referenti che poi fanno capo al vertice tecnico: oltre 50 persone. Ma non è solo la vastità a rendere complicati i lavori, è anche la stessa struttura che si articola in corpi di fabbrica molto diversi tra loro, frutto di stratificazioni successive avvenute in più di due secoli di storia durante i quali la struttura si è adeguata ai continui mutamenti delle esigenze e delle normative legate all’attività ospedaliera. Dal punto di vista architettonico e strutturale i fabbricati che lo compongono presentano caratteri morfologici e materici estremamente diversi tra loro.

"La parte monumentale del complesso è stata costruita tra il 1753 e il 1762 – spiegano Luigi Benedetti (direttore generale Fondazione di Modena), Giuseppe Iadarola (project manager) e Francesco Doglioni (Progettista Restauro) che con Francesca Ferrari di Politecnica ci fanno da guida – l’edifico che ospita il Teatro Anatomico e la Chiesa di San Nicolò sono stati completati nel 1774, mentre tutti gli altri edifici sono stati realizzati tra l’800 e la fine degli anni Sessanta del ‘900 (ex Pronto Soccorso). La riqualificazione punta a ripristinare la volumetria e gli spazi della struttura originaria, risalente al XVIII secolo e questo comporta demolizioni delle superfetazioni e riduzione delle superfici calpestabili a vantaggio del recupero delle altezze originali degli ambienti in più parti dell’edificio. Il Complesso si articola in corpi di fabbrica molto diversi tra loro, frutto di stratificazioni successive avvenute in più di due secoli di storia durante i quali la fabbrica si è adeguata ai continui mutamenti delle esigenze e delle normative legate all’attività ospedaliera".

Tra gli obiettivi principali dei progettisti c’è quello di far dialogare il complesso con il resto della città. "Il progetto punta ad aprire la struttura che, da luogo appartato e segregato sia nella fruizione che nei confronti del contesto urbano in cui si inserisce, deve diventare completamente permeabile – spiegano gli esperti – Per ottenere questo risultato si procede anche alla creazione di strade pedonali interne che, inserite nella rete pedonale dell’area, rendono il complesso parte del centro storico a tutti gli effetti".

La proprietà del complesso è divisa tra Fondazione di Modena e Demanio ma ci sarà una gestione unitaria anche per le attività culturali previste come, ad esempio, esposizioni (programmazione a cura di Fmav), socialità (spazi di co-working, sale lettura e pubbliche) e formazione (Fem e Fmav). Ci saranno poi anche il Museo della Figurina, i Musei universitari (finalmente uniti) e una Casa del Cibo che a Modena non può mancare. L’approccio del progetto, in generale, "è quello di creare aree e spazi condivisi e modulabili da non destinare necessariamente in modalità definitiva ma capaci di intercettare opportunità ed esigenze differenti, anche nel tempo",. sottolinea il presidente della Fondazione Matteo Tiezzi.

L’intervento sulle ’tenaglie’ (vale a dire una porzione della parte monumentale il cui recupero dovrebbe vedere la luce nel 2025) prevede l’abbattimento di solai intermedi e controsoffittature per riportare in luce l’assetto settecentesco. Curiosità: qui è prevista la chiusura di un centinaio di finestre ed il recupero di una cinquantina di nuove aperture, in modo da ripristinare l’assetto settecentesco. In questo momento sono ancora visibili le tracce dell’ex ospedale che non saranno del tutto cancellate, ma inglobate nelle nuove funzioni. L’area demaniale (quella su via Berengario e destinata per lo più all’Università) è la parte che verrà completata per prima. La parte invece che ’cucirà’ il complesso con il centro storico è senza dubbio quella su Largo Sant’Agostinodove è prevista la collocazione del foyer espositivo e della reception. Sarà l’area sempre accessibile, affacciata sulla piazza, aperta alla comunità. È questa la parte più prestigiosa, collocata al piano superiore rispetto al foyer, con spazi alti circa 6 metri. Ma sono previste anche altre ’aperture’, proprio per rendere il polo culturale il più accessibile possibile come il ’taglio’ che verrà realizzato su via Ramazzini. Per vedere terminato il tutto (sempre che non ci siano intoppi, dovremo aspettare fino al 2028.

(Fotoservizio

Alessandro Fiocchi)