REDAZIONE MODENA

"Un esame predice l’evoluzione del Covid"

Tommaso Trenti, direttore Medicina di laboratorio: "Analizzando i monociti nel sangue è possibile scoprire la gravità e l’andamento clinico"

di Paolo Tomassone

Dopo quindici mesi dalla comparsa del Covid-19 arriva un nuovo esame di laboratorio che consente di giocare d’anticipo sulla terapia da adottare nelle persone contagiate e ricoverate negli ospedali. Lo studio è stato realizzato da un team di giovani ricercatori ed è immediatamente utilizzabile nella pratica clinica, come spiega il direttore del Dipartimento interaziendale di Medicina di laboratorio, Tommaso Trenti.

"Nell’esame che facciamo normalmente nel sangue studiamo il comportamento di tante cellule, compresa la famiglia dei monociti. Ci sono tanti altri biomarcatori che possono predire l’evoluzione del Covid, ma la cosa particolare di questo studio è che possiamo fare questo esame da subito, perché è parte dell’emocromo e lo attiveremo per tutti i pazienti di Modena in tutti i laboratori della provincia, sette giorni su sette, 24 ore al giorno". Per comprendere l’importanza di questa ‘scoperta’ bisogna concentrarsi sulla capacità di reazione dei monociti – un tipo di globuli bianchi – nel momento in cui l’organismo di una persona viene contaminato dal virus. Se il sistema immunitario non riesce a reggere l’attacco, la ‘nuvola’ che contiene queste particolari cellule presenti nel sangue s’ingrossa sempre di più rischiando, in alcuni casi, di esplodere proprio come una bomba. Riuscire a misurare la grandezza di questa ‘nuvola’ e la sua variazione permette di comprendere la gravità dell’evoluzione malattia. Lo studio - frutto della collaborazione tra l’Ausl, l’Azienda ospedaliero-universitaria e Unimore - ha preso in considerazione una serie di 87 pazienti ricoverati per Covid-19 presso i reparti di terapia intensiva e subintensiva, nei quali la distribuzione dei monociti (Monocyte Distribution Width) è risultata essere correlata in modo significativo con alcuni classici biomarcatori di infiammazione, con l’esito delle cure e il decorso clinico e la gravità della malattia. Un risultato che diventa di fondamentale importanza nella cura delle persone affette da coronavirus che hanno dovuto ricorrere alle cure mediche. "Nei nostri pazienti – spiega il direttore della Terapia intensiva del Policlinico, Massimo Girardis – abbiamo riscontrato come alti valori di Mdw si associno ad una elevata mortalità, con picchi di oltre il 35%. Viceversa, bassi valori individuano i pazienti che hanno forti probabilità di guarire". Di fronte a un sospetto malato di Covid, ricorda il prof. Trenti, possiamo "da subito avere una forte indicazione che vi sarà una patologia grave o che, viceversa, tendenzialmente il quadro non sarà a rischio di vita per il paziente. Si potrà quindi individuare il trattamento ottimale in ragione della gravità del quadro clinico che ci si aspetta".

L’esame, che ha un bassissimo costo ed è facilmente erogabile, può essere effettuato su una persona che si reca per la prima volta in pronto soccorso o su un paziente già ricoverato in terapia intensiva o in un altro reparto dell’ospedale. In breve tempo, analizzando i risultati degli esami del sangue, si può avere un’indicazione della gravità della patologia per mettere in atto tutte le precauzioni e le cure per bloccare l’evoluzione e la diffusione della malattia.

"Ad oggi abbiamo in corso ulteriori ricerche – precisa l’immunologo di Unimore, Andrea Cossarizza – che ci consentiranno di meglio definire il valore e le applicazioni cliniche di nuovi esami di laboratorio quale emergenti marcatori d’infiammazione utile a predire valutando sia lo stato immunologico sia l’aggravamento dei pazienti sia la fisiopatologia del Covid-19 per utilizzare precocemente le cure più appropriate a disposizione".