di Stefano FoglianiSassuolo (Modena)
Un 2024 tutt’altro che indimenticabile per il made in Italy della ceramica. Confindustria Ceramica ha fatto il punto, ieri, alla presenza del presidente Augusto Ciarrocchi e del direttore generale Armando Cafiero, evidenziando criticità che hanno condizionato il comparto dalla fine dell’anno scorso ad oggi, ingigantite da una contrazione generale della domanda globale che si attesta attorno al 2% e dalla ‘frenata’ di mercati tradizionalmente forti come Germania e Francia caratterizzati da una flessione. Le stime di Confindustria Ceramica, elaborate da Prometeia, parlano infatti di un incremento delle vendite del 1,9% (376 milioni di metri quadrati), ma le buone notizie finiscono qui: prevista in calo (-2%) la produzione con rallentamento (anche qui siamo alle stime, tra i 3 e i 5 punti percentuali) dei fatturati, con una progressione rispetto ai volumi prodotti fino al 2019, ovvero prima della pandemia, del -7%. "Siamo nel tunnel, ma non siamo al buio", la sintesi del presidente di Confindustria Ceramica, che vede nella sostanziale tenuta del mercato italiano (85 milioni di metri quadrati, + 1,9% rispetto al 2023) e nella capacità del made in Italy della ceramica di farsi comunque valere sui mercati esteri (291 milioni di mq, +2,4%) grazie a produzioni di avanguardia e a "prezzi medi molto più alti di quelli delle produzione estere".
Altri sono invece i segnali di una (giustificata) preoccupazione. I prezzi del gas e dell’energia elettrica, "disallineati – ha detto Ciarrocchi - rispetto ai nostri competitors esteri" e più in generale le politiche ambientali dell’Unione Europea che, tra ETS, Green Deal "affronta il tema della sostenibilità in modo ideologico". Le richieste si concretizzano nella richiesta di politiche di salvaguardia – dazi –, dopo avere ottenuto la proroga rispetto a quelle cinesi, di rivedere anche rispetto alle produzione indiane, "realizzate in fabbriche con discutibili livelli di tutela di lavoratori e ambiente".