STEFANO LUPPI
Cronaca

Umberto Galimberti: "I giovani ormai non hanno futuro. Vivono solo il presente"

Il docente e scrittore, durante la sua lezione magistrale a Carpi, ha parlato anche del ’viandante’, tema del suo ultimo libro "Per salvare il mondo bisogna mettere un argine alla tecnica".

Umberto Galimberti: "I giovani ormai  non hanno futuro. Vivono solo il presente"

Umberto Galimberti: "I giovani ormai non hanno futuro. Vivono solo il presente"

"I giovani non hanno futuro e non credo servirà aspettare le scadenze fissate dalla politica al 2030 e 2050, visto che ci stiamo avviando alla fine del mondo. Loro vivono nbel presente e anestetizzano l’angoscia". All’incontro con i giornalisti prima della sua lezione che si è tenuta in tarda mattinata in piazza Martiri a Carpi, Umberto Galimberti, è stato apocalittico. In piazza ha parlato dello spaesamento "dell’etica del viandante", tema al centro del so libro. Anche a Carpi, così come accaduto in questi giorni a Modena e a Sassuolo, il popolo della filosofia è accorso in gran numero con le consuete file che si vedono in queste occasioni. Intanto anche la ventrieesima edizione è giunta al termine, ma ancora su di essa riecheggiano le parole del professor Galimberti che ormai da decenni riflette intorno alle nozioni di simbolo e del mondo della tecnica in rapporto con la civiltà umana. Per arrivare ai concetti citati in apertura l’intellettuale analizza un universo complesso spiegando che "senza la parola (tema di quest’anno del festival, ndr) non possiamo stare, ma le parole che usiamo oggi sono relative a tradizioni che non esistono più, come l’epoca greca classica e la visione giudaico cristiana: quell’ordine del mondo non è più il nostro perché allora si pensava che pensare volesse dire fare il bene mentre poi abbiamo scoperto ad esempio con il nazismo che non sempre il pensiero porta al bene quanto al male, malissimo". Per Galimberti al centro di tutto c’è la tecnica, il suo dominio: "L’etica è diventata patetica e la tecnica, che sa dire e fare le cose, ha preso il sopravvento mettendo fuori gioco anche la politica, da tempo succube. Noi non a caso ci chiediamo sempre a che serve una certa cosa, a che serve una laurea, con questo concetto del ‘servire’ che è proprio delle macchine".

Da qui il passaggio alla figura del viandante che "non è un viaggiatore che ha un punto di partenza, uno di arrivo e percorre una strada stabile perché il nostro viandante non ha mete, non ha sentiero prestabilito, lo traccia lui stesso e fa esperienza incontrando ogni giorni l’altro. Fa insomma incontri con la differenza e dunque la sua figura servirebbe a de-territorializzare il mondo facendoci capire che le leggi dei singoli stati sono come i rami secchi di un albero morto. Intendo dire che proprio il viandante si accorge che non è al centro dell’universo al servizio di Dio, come dice la tradizione cristiana, quanto che è interconnesso in una terra che si salva grazie a tutti, dai microrganismi, agli animali alle piante". Ecco quindi che per il prof per salvare il mondo "occorre mettere un argine alla tecnica perché la sfida umana è salvare la terra, la nostra unica vera patria al di là delle singole patrie. Ma per fare ciò serve una etica cosmopolita, altro che i maledetti valori che cambiano nel tempo. Il punto comune dell’uomo è la difesa della terra e i giovani, che attuano poco il dialogo ma hanno un po’ di radicalità, possono intervenire". Anche se, appunto, Galimberti è piuttosto pessimista che si possa raddrizzare la barra.