Tumori del sangue, la ricerca: "Scoperte alterazioni del Dna che provocano neoplasie"

Studio coordinato dalla prof Manfredini del Dipartimento di Scienze biomediche di Unimore. I risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista ’Leukemia’ del gruppo Nature

Tumori del sangue, la ricerca: "Scoperte anomalie del Dna che provocano neoplasie"

Il team della professoressa Manfredini

Modena, 31 agosto 2024 – Scoperta a Modena una nuova alterazione del Dna, responsabile di una forma più severa di neoplasia mieloproliferativa è stata scoperta.

Ricercatrici e ricercatori del Centro interdipartimentale di cellule staminali e medicina rigenerativa di Unimore, coordinati dalla professoressa Rossella Manfredini, hanno identificato un gruppo di pazienti affetti da neoplasie del sangue caratterizzate dalla mutazione del gene Jak2 e dall’amplificazione del cromosoma 9, con effetto negativo sull’attivazione del sistema immunitario contro la popolazione di cellule tumorali. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione Airc, sono pubblicati sulla rivista Leukemia, del gruppo Nature.

"Lo studio approfondito del genoma di questi pazienti – spiega Manfredini, responsabile del programma di genomica e trascrittomica del Centro di medicina rigenerativa di Unimore – ci ha inizialmente permesso di individuare un sottogruppo di pazienti affetti da mielofibrosi. La malattia è in questi casi caratterizzata non solo dalla mutazione del gene Jak2, ma anche dall’amplificazione dello stesso gene, che è per questo presente in molteplici copie. Approfondendo ulteriormente le indagini molecolari, abbiamo scoperto che l’amplificazione genica coinvolge non solo il gene Jak2, ma l’intero braccio corto del cromosoma 9".

Nel complesso, evidenzia il dottor Ruggiero Norfo, coautore dell’articolo, "questo studio ha permesso di caratterizzare uno specifico sottogruppo di pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative. In tali pazienti la duplicazione del cromosoma 9, associata alla mutazione del gene JAK2, porta a un maggiore livello di esaurimento del sistema immunitario e a un aumento della staminalità del comparto CD34+ rispetto ai pazienti con assetto diploide".

Un risultato che sottolinea – aggiunge Manfredini – l’importanza di analizzare a fondo l’assetto genetico di ogni singolo paziente oncologico, per identificare meccanismi molecolari che possono essere colpiti con approcci terapeutici specifici, nell’ottica di una medicina di sempre maggiore precisione".

L’esito della ricerca – pubblicata su una rivista di grande prestigio scientifico, conclude il professor Michele Zoli, direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze – conferma la linea di ricerca di oncoematologia sperimentale come una delle più produttive e dal maggior potenziale traslazionale del dipartimento".