MARIA SILVIA CABRI
Cronaca

Trevisan, quel silenzio che sa raccontare

In scena al teatro delle Passioni ’Scandisk’, lo spettacolo di Squizzato ispirato alla trilogia ’Wordstar(s)’ dello scrittore veneto

In scena al teatro delle Passioni ’Scandisk’, lo spettacolo di Squizzato ispirato alla trilogia ’Wordstar(s)’ dello scrittore veneto

In scena al teatro delle Passioni ’Scandisk’, lo spettacolo di Squizzato ispirato alla trilogia ’Wordstar(s)’ dello scrittore veneto

Il connubio tra il tema del lavoro e la memoria individuale, trattata come fosse una materia informatica da organizzare. Questo il fulcro di ‘Scandisk’, lo spettacolo che l’attore e regista Jacopo Squizzato mette in scena basandosi sul primo testo della trilogia teatrale ‘Wordstar(s)’ di Vitaliano Trevisan, composta tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio. La pièce, prodotta da Emilia-Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, sarà in scena da martedì fino al 13 aprile al Teatro delle Passioni di Modena. Squizzato ne cura la regia ma è anche sul palco insieme agli altri due protagonisti, Mauro Bernardi, Beppe Casales. I tre operai della provincia di Vicenza, nel 1998.

Squizzato, cosa l’ha portata a mettere in scena Trevisan?

"Erano già alcuni anni che volevo portare a teatro Vitaliano Trevisan, autore di romanzi, racconti, drammaturgie e sceneggiature dalla natura perlopiù sociologica, e rendere omaggio al suo talento e alla sua scrittura tagliente, quasi un ‘bisturi’, direzionata a raccontare la realtà del Nord-Est, sua terra d’origine, e del suo proletariato. Prematuramente scomparso nel 2022, è stato uno dei protagonisti assoluti".

E ha scelto la trilogia teatrale ‘Wordstar(s)’: dunque siamo al primo ‘atto’?

"La sua trilogia non è mai stata rappresentata in forma completa, o solo le due parti o l’ultima. Per questo ho intrapreso un dialogo con ERT e deciso di portare in scena adesso ‘Scandisk’, che setaccia il disco rigido alla ricerca di errori, già progettando per il prossimo anno ‘Defrag’, che riordina i files compattandoli".

Chi sono i protagonisti?

"Tre operai di un magazzino di prodotti metallici in Veneto: mentre spostano e riordinano pile di bancali in legno, fumano, bevono caffè e inveiscono contro il sistema, escogitano un piano di rapina (alla segretaria Teresa sulla Panda, mentre i soldi per i pagamenti in nero), che potrebbe finalmente dare una svolta alle loro insoddisfacenti vite. Sognano paesi caldi, Cuba, Santo Domingo, e belle donne, una ricchezza semplice da acquisire e una felicità concreta, palpabile, ma apparente in realtà, un posto dove fare quello che si vuole, lontani dalla fabbrica che produce anche sudore, fatica e annullamento. Xino, Pelle e Massi si incontrano in cortile esterno alla fabbrica, durante le pause dai loro turni: qui creano un loro un microcosmo personale in cui riformulare la centralità della dimensione produttiva del lavoro ed esorcizzare il disagio e il malessere, mentre guardano fuori, oltre la recinzione della loro fabbrica, dove c’è una riserva del Wwf".

Parlano ma stanno anche in silenzio. Che ruolo ha questo ‘vuoto’ di suoni?

"Il silenzio, in Trevisan, non è semplicemente una pausa tra i dialoghi. E’ un silenzio che racconta, che testimonia la verità con i fatti, ed è carico di rumore. Il modo di scrivere di Trevisan e il suo modo di vivere fanno emergere così, in modo preponderante, quella che era la sua drammaturgia. Tutto diventa teatro d’arte: sono gli attori a consegnare questo silenzio agli spettatori, lasciando al pubblico il ‘compito’ di colmarlo con la propria, personale, introspezione".