di Francesco Vecchi
Martedì Laila, ieri la notizia di Salvatore Rabbito, dipendente 53enne della Frantoio Fondovalle di Marano sul Panaro che ha perso la vita sull’autostrada A15, a Parma. Si continua a morire di lavoro, mentre in provincia la mobilitazione per chiedere maggiore sicurezza attraversa interi settori produttivi. "È l’ora dei fatti per porre fine a questa mattanza", hanno urlato i sindacati Cgil, Cisl e Uil appena raggiunti dalla ricostruzione di quanto accaduto sul cantiere per la realizzazione del Ti.Bre, un raccordo che collegherà la Cisa con la Brennero. L’esatta dinamica è al vaglio della polizia stradale intervenuta sul posto insieme al pubblico ministero della città ducale, ma al momento l’incidente sul lavoro si configura così, con tutti i condizionali del caso: Rabbito sarebbe stato travolto da una terna, una ruspa utilizzata per lavori di scavo e riporto, che secondo le testimonianze stava procedendo in retromarcia. L’operaio sarebbe poi finito schiacciato contro una macchina asfaltatrice. Nessuna possibilità di salvarsi. Operaio esperto, viveva a San Martino in Rio, in provincia di Reggio Emilia, lascia un figlio di sedici anni e la moglie. La Frantoio Fondovalle Group, storica azienda modenese, una volta contattata non ha voluto rilasciare commenti in merito alla tragedia.
"Sì, è una mattanza – commenta Rodolfo Ferraro, Fille Cgil Modena – e va fermata. Perché nel mondo del lavoro, e non stiamo parlando esclusivamente del settore edilizia, si continua a morire come avveniva cinquant’anni fa. Martedì Camposanto, ora dobbiamo commentare l’ennesima vittima. Stiamo parlando di un lavoratore esperto, ancora una volta. La questione è semplice – aggiunge Ferraro –, in questo Paese sono dieci anni che non si investe in sicurezza e formazione. Investimenti mancati, questi sono i risultati. Ripeto, si muore esattamente come cinquant’anni fa e questo non è più accettabile. Serve e con urgenza un patto sociale, che porti a maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro – termina il sindacalista –, un patto sociale che coinvolga autorità e istituzioni. Questo il nostro appello". ’Nostro’ perché ieri i tre sindacati confederali hanno parlato con la stessa voce, chiedendo che quanto accaduto in questi giorni non venga semplicemente dimenticato, come successo tante altre volte.
"Bisogna agire immediatamente – scrivono Ferraro, Davide Martino, Filca Cisl Emila Centrale, e Maria Cristina Vivi, Feneal Uil – affinché episodi analoghi non si ripetano più. Non è più tollerabile restare inermi a registrare quotidianamente morti sul lavoro. È l’ora dei fatti per porre fine a questa mattanza, intollerabile piaga di una società civile, c’è bisogno di azioni che istituzioni ed autorità competenti mettano sul campo al fine di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Il settore edile, così come tanti altri settori della nostra economia, paga ora i troppi anni di mancati investimenti in sicurezza e formazione, ed oggi una ripresa del settore corrisponde ad una vertiginosa crescita di infortuni gravi e mortali".