MARIA SILVIA CABRI
Cronaca

’Trasparenze’, il borgo opera d’arte: "Una riflessione sull’essere bambini"

A Gombola un appuntamento ormai tradizione con la cultura. Stefano Te’: "Gli abitanti i veri protagonisti"

’Trasparenze’, il borgo  opera d’arte: "Una riflessione sull’essere bambini"

Stefano Tè, direttore artistico e regista del teatro dei Venti

A fine luglio arriva la magia sull’Appennino modenese. Il festival ‘Trasparenze’, nella sua dodicesima edizione, ha debuttato ieri sera nel borgo di Gombola, letteralmente ‘abitandolo’ fino a domenica, e trasformandosi in una programmazione distesa di teatro, danza, cinema e musica, installazioni e incontri in relazione con gli spazi naturali e architettonici. A spiegarne il significato è Stefano Tè, direttore artistico e regista del teatro dei Venti e direttore artistico del festival ‘Trasparenze’, che è a cura dello stesso teatro dei Venti.

Stefano come si caratterizza questa edizione del Festival? "La programmazione è trasversale e multidisciplinare, unendo le varie forme dell’arte, musica, teatro, danza. Un concetto che condividiamo con Ater Fondazione con cui collaboriamo da anni, per garantire una proposta il più ampio possibile, tra i ritmi serrati degli spettacoli e i luoghi poco consueti, come il bosco, la chiesa, l’antico mulino, il borgo".

Che tema portante avete scelto?

"Al centro ci sono sempre teatro e arte come motore di una comunità che si riprende il suo spazio, nel rapporto tra ‘utopia’ e ‘umanità’ che attraversa tutta la programmazione".

‘Abitare Utopie’, dove città e Appennino s’incontrano…

"Anche quest’anno abbiamo affidato l’apertura del Festival allo spettacolo che il teatro dei Venti ha realizzato con gli abitanti dei borghi, Gombola, Polinago. Durante tutto l’anno portiamo avanti con loro un laboratorio, una volta a settimana a Gombola, insieme alla poetessa Azzurra D’Agostino che cura i testi, poi a ridosso dell’evento le prove si intensificano. A loro dedichiamo l’inaugurazione: è un modo simbolico di aprire la rassegna. Lo spettacolo di quest’anno (che va in scena anche stasera alle 19.30 e alle 21 nell’antica Chiesa di San Michele), ‘Come comincia il mondo’ è una sorta di continuazione di quello dell’anno scorso, ‘Le opere e i giorni’".

Cosa intende?

"Se l’anno scorso il tema era recuperare i concetti della comunità, del legame con il territorio e la natura, adesso si va ancora più indietro, riflettendo sull’essere bambini, quello che eravamo. Uno spettacolo dedicato ai bambini che eravamo e a coloro che lo sono oggi: infatti, abbiamo chiesto ad ogni spettatore adulto di farsi accompagnare da un bambino. Questo per suscitare domande anche dopo la fine della messa in scena: come eravamo noi e come ci vedono i nostri figli".

Come si è evoluto il progetto in questi anni?

"Sono cinque anni che realizziamo il Festival a Gombola e dagli abitanti abbiamo e stiamo ricevendo risposte strabilianti, incoraggianti, rassicuranti e piene di energia. Non ce lo aspettavamo noi, ma neppure loro di essere in così tanti a partecipare e ogni anno l’abbraccio che ci riservano è sempre più grande". A Gombola portate anche un altro vostro progetto…

"Quello realizzato con i detenuti del carcere di Castelfranco Emilia che quest’anno metteranno in scena l’Amleto. È abbattere ponti, creare legami".