EMANUELA ZANASI
Cronaca

Tragedia della Bolognina: "Sono passati 20 anni ma ricordo quell’inferno"

Nel terribile incidente ferroviario a Crevalcore persero la vita sei modenesi. Alberto Parrino dei Vigili del fuoco di Modena: "Un girone dantesco"

L'incidente di Crevalcore

L'incidente di Crevalcore

6 gennaio 2025 – "Visto l’orario eravamo in mensa a pranzare, è arrivata un’insolita chiamata su un incidente ferroviario, il funzionario di turno veniva richiesto immediatamente in sala operativa, una cosa che non capita facilmente, ci siamo tutti guardati in faccia; abbiamo capito la gravità dell’evento". A parlare è Alberto Parrino, ingegnere dei vigili del fuoco di Modena; ha fatto parte di una delle prime squadre arrivate sul posto quel terribile 7 gennaio del 2005 quando poco prima delle 13 alla stazione della Bolognina di Crevalcore si scontrarono un treno merci e un treno passeggeri; 17 i morti tra cui sei modenesi e 80 i feriti. "Abbiamo subito mandato tutte le squadre disponibili da Modena confrontandoci con il comando di Bologna. Quando sono arrivato sembrava l’inferno dantesco – ricorda Parrino – soprattutto a causa della nebbia, la visibilità era ridottissima; c’era questo treno che appariva ad una distanza di 50 metri in verticale e poi queste urla che non posso dimenticare".

Secondo le indagini a causare l’incidente furono i macchinisti dell’interregionale Bologna Verona che proprio a causa della nebbia non si accorsero del semaforo rosso. Parrino insieme ai colleghi cominciò le operazioni di soccorso ma lo scenario si presentava molto difficile anche dal punto di vista tecnico: "Il treno in verticale era in contatto con la linea elettrica di alimentazione con alta tensione in corrente continua – spiega il vigile del fuoco – quindi la prima esigenza era accertarsi che il tutto fosse disattivato per fare operare in sicurezza i nostri vigili". Quel groviglio di lamiere era diventato un trappola mortale. Il treno merci proveniente da Roma infatti traportava delle putrelle in ferro, delle sorti di travi in ferro lunghe anche 20 metri che come lance avevano perforato e squarciato l’interregionale Bologna Verona, dunque sia i soccorsi ai feriti che l’estrazione dei corpi incastrati era un’operazione difficilissima. "Dal punto di vista tecnico è stato un intervento impressionante, in oltre trent’anni di lavoro non avevo mai visto nulla del genere – ricorda l’ingegnere - quindi uso di cesoie, divaricatori, pistoni che servivano per allargare le lamiere. Alcuni passeggeri sono stati estratti anche un’ora dopo; mi ricordo un signore napoletano; lo sentivo parlare ma dopo un’ora non parlava più, per fortuna lui ce l’ha fatta".

Ma se era una corsa contro il tempo per cercare di salvare i feriti, purtroppo i vigili del fuoco insieme all’altro personale di soccorso hanno dovuto affrontare anche un’altra drammatica operazione. "Mi ricordo queste parti di corpi umani che dovevamo sistemare su lenzuola bianche e in una zona delimitate – ricorda ancora Parrino – dovevano servire nella ricomposizione delle persone che non c’erano più; questo mi è rimasto davvero dentro. Dovevamo poi cercare di allievare la sofferenza per chi era ancora incastrato, ad esempio con le nostre giacche abbiamo deviato il sangue che colava su un signore da un’altra passeggera deceduta. Ma oltre a quell’orrore ricordo la soddisfazione di recuperare persone ancora vive, tra cui alcuni bambini".

Per Alberto Parrino, come per tutte le persone coinvolte nei soccorsi quella giornata del 7 gennaio del 2005 rappresenta uno spartiacque, un trauma che molti hanno dovuto superare anche con l’aiuto di professionisti. "Probabilmente è stato il primo progetto nel Corpo Nazionale dei vigili del fuoco per un supporto psicologico appena dopo l’intervento", conclude l’ingegnere.