di Viviana Bruschi
Un migliaio di contatti fra aziende italiane e internazionali, tra cui alcune cinesi intenzionate a certificare le mascherine chirurgiche come dispositivi medicali per commercializzarli in Italia e in Europa. Un anno dopo l’arrivo della pandemia nel nostro Paese, il Tecnopolo di Mirandola ‘Mario Veronesi’ (Tpm), centro di ricerca del Distretto biomedicale, registra cifre da record. "Siamo riferimento nazionale accreditato per i test di verifica qualitativa sui dispositivi medicali – dichiara Barbara Bulgarelli, direttore Democenter Tpm – e fin da subito abbiamo supportato le tantissime imprese ‘riconvertite’ per la produzione di mascherine chirurgiche, in deroga alla normativa come stabiliva il decreto ‘Cura Italia’. E’ stata una vera e propria chiamata alle armi – commenta – a cui tanti hanno risposto anche perché allora, esattamente un anno fa, le mascherine erano quasi introvabili. Patria di creativi per eccellenza – sottolinea – abbiamo eseguito i test di biocompatibilità e sicurezza del materiale utilizzato a contatto con la pelle, come da normativa 10993, su tantissime tipologie di mascherine chirurgiche. Molte provenienti da griffe nazionali e internazionali, ma anche dalla Marina Militare, Aeronautica, Ferrovie dello Stato. Un lavoro enorme, a stretto contatto con l’Istituto Superiore di Sanità, a cui le aziende devono trasmettere, oltre all’autocertificazione, tutta la documentazione necessaria per l’ottenimento dell’autorizzazione in deroga". Fra le numerose mascherine testate al Tecnopolo, confezionate con i più disparati materiali, numerose non hanno superato la prova ‘sicurezza’ "e in quei casi – spiega Laura Aldrovandi, responsabile progetti Tecnopolo – abbiamo dato consulenza ai produttori per perfezionarle e renderle idonee al successivo test, previsto dalla 14683, effettuato nel laboratorio ‘Safe’ del dottor Giulio Marchetti, sempre a Mirandola, che valuta il potere protettivo e filtrante dei dispositivi monouso".
Nei laboratori all’avanguardia del Tecnopolo, dove sono impegnati una ventina di giovani tecnici e laureati, è stato approntato un metodo di alto livello, che sarà oggetto di prossima pubblicazione scientifica. "E’ un approccio multi-test innovativo per studiare l’effetto irritante provocato da un materiale, consentendo parallelamente di ridurre la sperimentazione in genere fatta su animali da laboratorio" spiega l’ideatrice e responsabile di laboratorio Elena Veronesi, affiancata dai colleghi Tiziana Petrachi, Elisa Resca, Valentina Bergamini, Aurora Cuoghi, Francesco Ganzerli, Gaelle Francoise Arnaud, Alberto Ferrari, Mattia Piccinni e Luca Accorsi. "Il nostro prossimo obiettivo – prosegue – è produrre tessuti per test di valutazione biologica con la nostra stampante 3D".
Al Tecnopolo, l’alta tecnologia all’avanguardia consente di testare in soli tre giorni materiali e mascherine. Quest’ultime vengono tagliuzzate, ridotte in pezzetti da valutare tramite il metodo multi-test in vitro, parallelamente possono essere valutate nel laboratorio Safe per l’esecuzione degli altri test relativi alle performance". Con l’arrivo della stagione estiva, nuovo boom di richieste. Numerose aziende stanno progettando nuove mascherine con tessuto antibatterico, "ma la richiesta attualmente più pressante – spiega Aldrovandi – riguarda sistemi di sanificazione per abbattere il Sars Cov 2 in ambiente. Stiamo lavorando ai test di riferimento in partnership con Unimore, e stiamo testando con l’Istituto nazionale di Astrofisica un sistema di sanificazione contro batteri e virus".