
Modena, 25 aprile 2025 – Nella sua mente nessuno un domani si sarebbe occupato di loro o, almeno, nessuno lo avrebbe fatto con tutto l’amore e la cura che lui, a loro, riservava da sempre. Stanco, preoccupato, stremato, forse con uno schiacciante senso di solitudine e impotenza ha così preso la decisione più tragica: dopo aver festeggiato il suo compleanno con tutta la famiglia, ha atteso il calar del sole per poi uccidere il figlio disabile e la moglie. Con dolorosa lucidità, alla fine, si è tolto la vita. La tragedia familiare si è consumata nella notte tra mercoledì e giovedì in una palazzina tra le campagne di Marzaglia Nuova, in strada Pomposiana al civico 336. Ad uccidere le persone che più amava al mondo, la moglie 79enne Claudia Santunione e il figlio Stefano, 48 anni è stato l’ex autotrasportatore da anni in pensione Gian Carlo Salsi, che proprio mercoledì aveva spento le 83 candeline.
Per tutta la vita l’uomo si era occupato di accudire il figlio, affetto da disturbo dello spettro autistico di livello severo e, ultimamente, anche della moglie a cui qualche tempo fa era stata diagnosticata una forma di demenza.
Pare che recentemente anche allo stesso pensionato fosse stata data la triste ‘sentenza’: un disturbo pare neurocognitivo che lo aveva portato probabilmente a riflettere sul ‘dopo di lui’; ovvero su ciò che sarebbe accaduto ai propri cari se lui non fosse più stato in grado di occuparsene.
Sul posto sono accorsi i carabinieri del reparto operativo con il Comandante del Reparto, Giovanni Mura. I militari sono rimasti a lungo sul luogo per raccogliere tutti gli elementi utili alle indagini, coordinate dal pm Campilongo.
Una volta effettuati tutti i primi accertamenti tecnici sulle salme, così pure i prelievi biologici al fine di effettuare i dovuti esami tossicologici, i corpi delle vittime sono stati trasferiti in medicina legale, trasportati da due mezzi delle onoranze funebri Gibellini. Qui saranno sottoposti, una volta dato l’incarico ai consulenti medico legali, all’esame autoptico che potrà così chiarire le esatte cause di morte delle vittime. Ieri il silenzio è calato all’improvviso sulla piccola frazione di Marzaglia, dove la famiglia era molto conosciuta. L’uomo, Gian Carlo era stato per lunghi anni camionista mentre la moglie Claudia aveva gestito il forno del ‘borghetto’ per lungo tempo.

Il dolore dei parenti e dei vicini
Lo amavano così tanto da decidere, ogni anno, di organizzare una manifestazione ciclistica in suo onore, conoscendo la sua grande passione per quello specifico sport. A Marzaglia, infatti, per 23 anni e fino alla pandemia è andato in scena il ‘Trofeo Stefano Salsi’, dedicato al loro ragazzo e alla sua grande forza di volontà, quella forza che lo ha portato a spingersi oltre i ‘limiti’ della sua disabilità.
Una famiglia unita, una famiglia forte e, agli occhi di tutti, una famiglia serena. Era ciò che fino a ieri pensavano i cittadini di Marzaglia pensando alla famiglia Salsi: a quei due genitori che avevano dedicato l’intera esistenza al figlio, Stefano.
A parlare con grande commozione, ieri, è stato il fratello di Claudia Santunione, Franco. “Sono ancora qui a chiedermi il perchè, a cercare di capire come possa essere successa una cosa del genere. Non ha mai dato segni di impazienza; era un padre molto attivo nel gestire la famiglia anche perchè era tutto in mano a lui – ha dichiarato. Mia sorella aveva già da due o tre anni un inizio di demenza e lui gestiva tutto, il figlio e la moglie. Non hanno mai esternato problemi: erano persone molto riservate, tenevano tutto dentro ma non hanno mai dato segni di impazienza, di sconforto. Sapevamo che la famiglia gestiva da 50 anni un figlio autistico, capivamo e conoscevamo le difficoltà che affrontavano ogni giorno ma non si erano mai lamentati – ha spiegato asciugandosi le lacrime. Me lo hanno comunicato intorno alle 10.30 ieri mattina; è stata mia cognata a chiamarmi. Avevo sentito mia sorella domenica, le ho fatto gli auguri di Pasqua ma a volte capiva, a volte no. Ero andato a trovarli la settimana prima di Pasqua ma non li ho mai visti alterati dallo sforzo che avevano – ha sottolineato. Sembrava tutto normale, come al solito. Quando due o tre anni fa mia sorella si è ammalata il perno era diventato Gian Carlo: si occupava di tutte le faccende domestiche e del figlio che accompagnava ogni giorno in un centro, dove Stefano faceva alcuni lavoretti. Sono sempre stati uniti, erano insieme da oltre 50 anni e non ho mai sentito ‘alterazioni’ a causa di un figlio in quelle condizioni – ha spiegato. Uno non pensa che possa accadere una cosa così: è il peso di un uomo che non ha più retto quello che ha portato a questa tragedia, di una persona autonoma che mai ha chiesto aiuto. I suoi familiari hanno sempre cercato di essere utili ma lui l’aiuto non lo ha mai cercato, mai voluto....”.

Il fratello di Claudia ha sottolineato come, con grande umiltà l’83enne cercasse di gestire tutto da solo, senza mai pesare su nessuno, senza mai far ‘trasparire’ stanchezza, difficoltà, sconforto. Sgomento anche nella Polisportiva dove tutti conoscevano Gian Carlo: “I genitori avevano ideato il trofeo e lo abbiamo portato avanti per anni anche come polisportiva – ha spiegato il signor Renzo –.La signora non stava bene, ma neppure lui. Diciamo che era dimagrito tantissimo... aveva anche lui una patologia in atto. Nel suo pensiero, forse, in quel modo avrebbero smesso di soffrire tutti e tre”.
Sconvolti i vicini: “Persone tranquille: la ricordo Claudia quando lavorava al forno e portava con sé il figlio – afferma Olha. Brave persone, unite. Gian Carlo lavorava sempre qua in giardino; che brutta cosa”. Commossa e choccata anche la titolare del bar della frazione: “Di quel figlio si prendevano cura in modo eccellente; nessuno ha mai immaginato che vi fossero problemi – ha affermato Maria Ferrara. Li conoscevo bene; erano persone adorabili. Non venivano da un po’ ma qua tutti sapevano quanto amassero quel ragazzo, era la loro vita”. Il signor Giuseppe , seduto su una panchina, parlando quasi a fatica ha affermato: “Sinceramente non avrei mai pensato che potesse accadere una cosa del genere”.