Oggi alle 18 alla libreria Ubik di via dei Tintori 22, a Modena, verrà presentato l’ultimo libro scritto da Fabio Montella, un giornalista e ricercatore storico indipendente, già autore del recente ’Bagliori d’incendio’ realizzato dall’Istituto Storico di Modena. La sua ultima fatica in qualche modo continua l’approfondimento e lo studio avviato su uno dei periodi più bui, o forse il più buio, della nostra storia. È intitolato ’Gli squadristi di Modena (1919-1923)’ ed è edito da Artestampa.
Montella , c’è qualche analogia col presente che le ha suggerito questa ricerca?
"Sul tema della violenza politica è bene ragionare sempre, per comprenderla e soprattutto per trovare gli anticorpi per contrastarla. È un tema che ha accompagnato tutto il Novecento, ma è evidente che non si è esaurito con la fine del secolo delle grandi ideologie. Quando per protestare contro misure del governo, militanti di estrema destra devastano la sede di un sindacato, come capitato a Roma nel 2021, le analogie con la situazione di un secolo fa sono evidenti ed anche abbastanza inquietanti. A Modena uno dei principali obiettivi degli squadristi fu proprio la Camera del Lavoro socialista di via del Carmine, assaltata a colpi di pistola il 10 gennaio 1921 e poi devastata e data alle fiamme il 5 agosto 1922, come reazione ad uno sciopero. Detto questo, c’è una differenza fondamentale. Oggi la democrazia è molto più forte e gli autori delle devastazioni sono finiti a processo e condannati".
In generale può dirsi che il fascismo ’nostrano’ fosse più o meno feroce e violento di quello sviluppatosi altrove?
"Bisogna distinguere. Almeno all’inizio, i due principali centri del fascismo furono Modena e Carpi. Mentre però il fascio di Modena nacque in diretta connessione con quello di Milano – con Mussolini, per intenderci – quello di Carpi sorse sotto l’ala dei bolognesi, che erano i più violenti e intransigenti. Non a caso i carpigiani furono definiti ’superfascisti’ dai loro avversari. Non era certo un complimento, ma i carpigiani lo trasformarono in un motivo d’orgoglio. E per i ’superfascisti’, i ’colleghi’ modenesi, che erano meno pronti a usare la violenza, erano solo dei gran ’parolai’".
Per quanto tempo e fino a quando si protrassero le violenze?
"Si scatenarono alla fine del 1920 e proseguirono fino al 1923 inoltrato. A quel punto la violenza era diventato uno dei mezzi per affermare le proprie idee, come se fosse un fatto naturale. Se la pensavi diversamente, eri un nemico da abbattere".
Chi fu a Modena la prima vittima delle squadre fasciste?
"Tra i primi vi furono il sindaco Ferruccio Teglio e gli altri membri della prima amministrazione socialista di Modena. Furono costretti a dimettersi dopo pochi mesi, a causa degli assalti squadristi. E lo Stato fece davvero poco per garantire la loro incolumità e il prevalere delle leggi".