Spray urticante, è boom di casi: "Così i giovani cercano visibilità"

Tre gli episodi registrati in pochi giorni, dall’autostazione fino all’istituto Barozzi, per mano di adolescenti. Corvese (Ausl): "Gesti gravi, ma alla base c’è una richiesta di attenzione. I ragazzi non vanno lasciati soli".

Spray urticante, è boom di casi: "Così i giovani cercano visibilità"

Tre gli episodi registrati in pochi giorni, dall’autostazione fino all’istituto Barozzi, per mano di adolescenti. Corvese (Ausl): "Gesti gravi, ma alla base c’è una richiesta di attenzione. I ragazzi non vanno lasciati soli".

Nonostante molti siano ancora giovanissimi, commettono reati e interrompono servizi con una facilità preoccupante e con altrettanta facilità mettono a rischio la vita delle persone. Perchè? Spesso per un pizzico di visibilità e notorietà sui social. Ad analizzare il fenomeno preoccupante dell’utilizzo di spray al peperoncino, da parte di giovanissimi all’interno delle scuole, nei bar e, recentemente, in autostazione è la dottoressa Maria Corvese, responsabile dei centri adolescenza dell’Ausl.

Dottoressa, cosa pensa che spinga questi ragazzi a commettere gesti così gravi?

"Credo ci sia alla base una ricerca disperata di visibilità; una sorta di esercizio di potere per vedere che effetto produce il creato allarme. L’obiettivo di questi ragazzi, spesso, è quello di sentirsi ‘vivi’, esistenti, di guadagnare punti agli occhi di un gruppo di pari che, come gli adolescenti di questi anni, sono sforniti delle risorse. Quello che intendo è che questi comportamenti li adottano spesso nella certezza di non poter diventare visibili diversamente. Siamo dinanzi ad una logica di assoluto individualismo, dove questo bisogno di esserci, di sentirsi vivi, di sapere che tutti parlano di quello che hanno fatto viene prima di tutto".

Quindi non tengono conto delle eventuali conseguenze dei loro gesti?

"Questo forte individualismo li porta ad essere miopi rispetto a quel che capita agli altri e, come avvenuto al Barozzi, sulla necessità di impiegare uomini delle forze dell’ordine e sanitari del 118, sottraendoli quindi al territorio. Oggi vediamo che ci sono due categorie di adolescenti: quelli pieni di ansia e quelli arrabbiati. Ovviamente ci sono anche quelli che stanno bene e che si occupano del sociale. Ciò che è interessante è che come centro adolescenza fino ad ora seguivano gli ansiosi, i timorosi mentre ora stanno arrivando gli arrabbiati".

Cosa si intende per ‘arrabbiati’?

"Coloro che hanno capito che così facendo, scaricando la rabbia, distruggendo, nulla costruiscono. La rabbia spesso è innescata dal sentirsi attaccati ingiustamente e l’impotenza scatena rabbia distruttiva. Teniamo presente che lo scorso anno abbiamo seguito 856 ragazzi tra i 14 e i 20 anni. Quello che vogliamo che emerga è che per i ragazzi è facilissimo contattare il nostro centro: basta digitare il centro adolescenza e, spingendo un ‘bottone’ risponde uno dei nostri psicologici. Ne arrivano molte la sera di queste richieste, in particolare nel week endo quando i ragazzi si fermano a riflettere. Ma il ‘lavoro’ da fare è anche sui genitori: siamo una generazione di adulti che un po’ si spaventano davanti a figli ansiosi. Per questo è nato anche il progetto: ‘La scuola delle emozioni’ dedicato ai genitori dei bambini delle scuole elementari".

Valentina Reggiani