REDAZIONE MODENA

"Social e tecnologia, alla scoperta del sesto senso digitale"

Ex Sant’Agostino, ospite di ’Ago’ il professor Pietro Montani. "Oggi comunichiamo intrecciando simultaneamente parole, suoni, immagini e movimento. Opportunità enormi"

Un sesto senso digitale capace di farci fluttuare con naturalezza nelle nuove forme virtuali del nostro mondo. Una ‘tecno-estetica’ figlia del web: un neonato linguaggio che induce l’uomo a sviluppare un inedito apparato sensorio. Di questo e dei nuovi sensi sviluppati in relazione all’avvento del digitale ci parlerà oggi dalle stanze di Ago - Modena fabbriche culturali Pietro Montani, professore di Estetica all’Università Sapienza di Roma. L’appuntamento è alle 18 all’ex ospedale Sant’Agostino.

Professore, cos’è il ‘sesto senso digitale’?

"La sensibilità di noi esseri umani ha la caratteristica di prolungarsi in modo molto spontaneo ed efficace in protesi di carattere tecnologico. Pensiamo solo al bastone di cui si serve un non vedente e alla grande finezza con cui può utilizzarlo. Naturalmente anche in molti altri viventi è registrabile qualcosa del genere. La differenza principale è che gli esseri umani riorganizzano continuamente e imprevedibilmente queste loro estensioni tecniche e ciò produce continue innovazioni nel nostro modo di sentire. Spesso marginali, talvolta no. Quel che sta succedendo con il digitale appartiene alle innovazioni rilevanti, in particolare per i cosiddetti ‘nativi’. Quello che mi sembra più interessante, da questo punto di vista, è che il ‘sesto senso digitale’ si stia esercitando in modo molto significativo sulle nuove forme di scrittura che il web ha reso possibile. Pensiamo ai meme e alla grande versatilità dei social media di ultima generazione come Tiktok. È davvero una nuova forma di espressione quella che si sta imponendo. Ho proposto di chiamarla ‘scrittura estesa’. E di prestare più attenzione alla scrittura in quanto tale che non ai testi, ancora necessariamente elementari, che ne nascono".

Queste nuove forme brevi di scrittura estesa cosa raccontano della nostra evoluzione?

"Raccontano qualcosa di estremamente importante. Si tratta infatti di forme tipicamente ‘sincretiche’ che intrecciano insieme parola, immagine, suono, movimento. Quindi, è come se il digitale ci consentisse di esprimerci mobilitando simultaneamente le funzioni più originarie della nostra immaginazione, che è anch’essa sincretica, o più precisamente ‘multimodale’, cioè si serve di molti canali sensoriali. Le opportunità sono enormi. Basta solo saperle vedere e imparare a servirsene".

In un contesto di sovrabbondanza di immagini, a noi ‘divoratori’ cosa resta?

"Rimane la capacità, del tutto nuova su una scala così vasta (miliardi di utenti), di praticare la ‘scrittura estesa’ in modo selettivo e creativo. Naturalmente né l’una nell’altra cosa sono semplici, ma proprio per questo ho appena parlato di apprendimento. È la scuola, naturalmente, che dovrebbe occuparsene, ma qui scontiamo non solo un enorme ritardo ma anche una persistente miopia".

Pochi giorni fa – durante il blackout dei social – c’è chi ha parlato di fine del mondo e delle relazioni. Siamo davvero così vulnerabili?

"Non siamo più vulnerabili di quanto lo fossero i nostri nonni o i nostri progenitori. Anzi per alcuni aspetti, pensi alla crescita dell’aspettativa di vita, lo siamo molto ma molto di meno. È solo accaduto che non siamo mai stati così tanti sulla faccia della Terra (è un dato che trascuriamo troppo spesso) e che non abbiamo mai delegato così tanto alle nostre protesi tecnologiche. In questo ci sono rischi evidenti, ma dal mio punto di vista le opportunità sono incomparabilmente maggiori".

Chiara Mastria