Polinago (Modena), 15 dicembre 2024 – La contea dello Sceriffo è coperta da un manto bianco, i camini fumano, per strada rare persone infreddolite entrano ed escono dai negozi per la spesa del mattino. Un capriolo si muove a balzi nel giardino di una villetta e cerca una via d’uscita.
Polinago, 1854 abitanti, 810 metri sul livello del mare, un borgo dell’Appennino fuori dalle rotte turistiche, eppure ordinato e pulito, da settimane è più famoso di Manhattan. Tutti da queste parti si chiedono: lo Sceriffo è colpevole? L’uomo che non porta la stella sul petto ma per tutti è lo Sceriffo, si chiama Domenico Lanza, 67 anni, sempre vestito con camperos ai piedi, cinghia con fibbia texana sui pantaloni e cappello da cowboy, accusato di detenzione abusiva di armi per qualche vecchio arnese che teneva in casa e sequestro di persona.
Per la Procura potrebbe aver fatto sparire, chissà come e chissà perché, Daniela Ruggi, 31 anni di Vitriola. Una donna fragile, vista mille volte vagare da sola lungo le strade, sempre pronta ad accettare un passaggio in auto o un invito da qualcuno. Dal 20 settembre buio assoluto. Uccisa? Morta per cause naturali e finita in qualche roggia? Lo Sceriffo ogni tanto la portava a casa propria, le faceva qualche regalo, la invitava a cena. A Polinago, nella contea ora imbiancata di neve, molti mormoravano, sorridevano nel vedere ogni tanto quella strana coppia. Ma niente di più. Ma davvero lo Sceriffo, un tipo solitario dal carattere ruvido, può aver fatto del male a quella ragazza indifesa? La barista del Bar La Busa (La buca), al centro del paese, risponde quasi stizzita. “Lanza? Ma sì lo conosco di vista, qualche volta entrava nel locale. Ma non so nulla. Basta parlare del nostro paese solo per questa storia, non ne possiamo più di giornalisti e telecamere”.
Tre avventori accanto al banco si lasciano scappare un sorriso sornione. Parola al terzetto. “Bah, sì certo Lanza è un tipo singolare, sempre vestito in stile western, ma da qui a dire che ha sequestrato quella donna e poi l’ha fatta sparire ce ne passa... Non pare uno violento. Oh, non metta mica i nostri nomi sul giornale...”. Un altro appena fuori dal locale scuote la testa. “Ma dai, lo Sceriffo tutti lo vedevano con quella ragazza e forse non era un comportamento corretto, ma non è mai stato uno pericoloso. La portava a cena alla taverna Del Brutto vicino a casa sua. Tutto qui”.
Dubbiosi, ma più innocentisti che colpevolisti. Insomma pochi credono che il cowboy di Polinago possa essere un sequestratore e forse qualcosa in più. Quassù se potessero cancellare questa storia con un colpo di spugna lo farebbero subito. Il Comune è ristretto in una vecchia palazzina di tre piani. Esce una vigilessa. “Lo Sceriffo? Non so nulla di questa storia e se anche lo sapessi con una indagine in corso non potrei parlare”. Fine delle trasmissioni.
La Procura indaga su Lanza, tra gli ultimi ad aver visto, pare, Daniela Ruggi, prima che sparisse, ma tiene conto anche di equivoche frequentazioni di immigrati africani a Sassuolo e a Modena. La vita sciupata dello Sceriffo comincia a Cavriago, il borgo del Reggiano che esibisce tuttora un monumento a Lenin. Lì si sposa, ma poi si separa dalla moglie che non ne vuole piu sapere da anni, ha due figli, uno morto di malattia, l’altro che gli vuole bene e ora lo va a trovare in carcere. Nel 2015 va ad abitare a Polinago con la madre che ora è in una Rsa.
“Ha avuto una vita difficile” spiega il suo avvocato Fausto Gianelli. Lanza infatti è invalido, ha la camminata incerta per un vecchio infortunio sul lavoro. Ha fatto di tutto: carrellista, guardia giurata, autista. In realtà avrebbe voluto fare il poliziotto, ma non riuscì a entrare nel corpo e allora virò a fare il vigilante. Un po’ amante della divisa lo è sempre stato, ma si trascina alle spalle una storia controversa. Quando faceva l’autista per una società di portavalori il furgone su cui viaggiava subì una rapina. Lui si lasciò andare a qualche dichiarazione che insospettì i magistrati. Basista? Indagarono, ma gli fu contestato solo un reato satellite, peculato. Il processo durò 7 anni: assolto, ma Lanza perse il lavoro.
Da lì venne anche meno un po’ di fiducia nella vita, fece mille lavoretti, e si chiuse in se stesso. Le armi che i carabinieri gli hanno trovato in casa sono una pistola lanciarazzi, una pistola giocattolo modificata e un altro revolver non denunciato. Non lo ha aiutato però aver tenuto sulla sua Fiat Punto un rudimentale Nunchaku, i due bastoni legati da una catena. L’arma di Bruce Lee nei film. “E’ appassionato di arti marziali”, lo giustifica l’avvocato Gianelli. Uno che sequestra una donna tende a crearsi un alibi. L’incauto Sceriffo invece a indagine avviata ha aperto il baule della sua auto e ha mostrato un paio di slip e di calzini in diretta tv. Da lì la perquisizione nella casa di Polinago, le armi e l’arresto. Tutto è possibile, ma un sospettato di sequestro che esibisce un indizio a proprio carico non sembra proprio un attore da delitto perfetto.