BARBARA
Cronaca

Romano Sghedoni "Sogno che tra 100 anni la Kerakoll sia ancora della nostra famiglia"

Il fondatore si racconta in un libro scritto con Leo Turrini "Mai pensato di vendere l’azienda, non cedo alle lusinghe". E sul Modena Calcio: "E’ da sempre la mia grande passione"

Romano Sghedoni "Sogno che tra 100 anni la Kerakoll sia ancora della nostra famiglia"

di Barbara

Manicardi

Intraprendenza, creatività, coraggio e l’incontro inaspettato – e fortunato – con un "misterioso barattolo di colla" a metà anni Sessanta, nel pieno del miracolo economico che per la nostra terra "è stato il momento più bello" perché "tutto sembrava possibile. Se possedevi un talento sapevi che ce l’avresti fatta". E lui, Romano Sghedoni, ce l’ha fatta eccome. E’ il 1968 quando "apre la sua bottega" e nasce Kerakoll. C’erano due lavoratori, oggi sono 2mila. E tutto grazie al genio di Romano Sghedoni, che nasce "fuori tempo massimo" nel 1938 in una famiglia contadina di San Michele dei Mucchietti e crea un impero praticamente dal nulla senza mai dimenticare il valore sociale di un’impresa perché "la prima cosa che mi hanno insegnato i miei genitori è l’onestà". E’ una storia straordinaria quella di Romano Sghedoni, della moglie Luciana ("fondamentale sempre") e dei tre figli (Luca, Fabio ed Emilia), una storia raccontata con Leo Turrini nel libro "Una vita così" (Incontri Editore) che lunedì sera è stato presentato al ristorante Club Europa 92 di Cesare e Luca Clò durante una serata che il Panathlon Modena ha voluto dedicare a uno dei nostri più grandi imprenditori.

"Un percorso professionale straordinario di un grande uomo di sport, da sempre attento insieme alla sua famiglia alla solidarietà" ha detto il presidente Maria Carafoli aprendo la serata. Ed èstata proprio una chiacchierata tra Turrini e Sghedoni, in un crescendo di aneddoti e battute, nello stesso stile leggero e ironico che contraddistingue il volume, il cuore dell’evento che ha annunciato una raccolta fondi, tramite la parrocchia di San Giovanni Bosco, in favore delle popolazioni colpite dal terremoto in Turchia e Siria.

L’arrivo di Sghedoni sul palco è stato accolto da una emozionante standing ovation, prima dei saluti del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, del sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli e di quello di Sassuolo Gian Francesco Menani. Il botta e risposta tra i due autori ha ripercorso gli inizi dell’avventura imprenditoriale, con Sghedoni non ancora trentenne, che hanno portato Kerakoll da un’idea nata nel periodo dei pionieri della ceramica, quando "si decideva di aprire un’azienda in osteria, e un’indagine di mercato non si sapeva neppure cosa fosse" a essere oggi un colosso mondiale. Una vera seconda famiglia, per la quale, ha confessato Sghedoni, "più cresceva, più mi sentivo responsabile nei confronti di chi ci lavorava". E mai, confessa a Leo Turrini, "ho pesato di vendere. Nessuno della famiglia Sghedoni ha intenzione di cedere alle lusinghe di potenziali aquirenti. E sa cosa sogno? Che tra 100 anni l’azienda sia ancora di proprietà della famiglia".

Un imprenditore di successo Sghedoni, ma prima di tutto un indomabile tifoso del Modena Calcio sin da quando era bambino, passione che, da patron e presidente, lo ha persino portato ad accompagnare la squadra – allora "nell’inferno della serie D – a Ciliverghe, "un paesino di cui ignoravo l’esistenza". Lui era lì e ha combattuto per i gialloblù nel periodo forse più difficile della loro storia. Poi due anni fa lo ha ’consegnato’ a Carlo Rivetti proprio nel periodo Covid. "In quelle settimane terribili – scive nel libro – era difficile progettare. Rivetti è stato correttismo promettendo che avremmo preso il dialogo più in là. Sarebbe stato meraviglioso , per me, uscire di scena con un triondo sportivo (come la promozione in B, ndr)". E quando nel 2022 in B il Modena è andato con la presidenza Rivetti...."sono stato felice, ma si sarebbe piaciuto essere al suo posto".

E Carlo Rivetti, con l’immancabile maglione sportivo che ormai fa tendenza, ricambia: "Sghedoni è un galantuomo, una persona per bene, un saggio capogamiglia, un imprenditore per mestiere e non professione", scrive nella prefazione del libro. Lunedì sera era commosso Rivetti, accompagnato dall’amministratore delegato corporate Ilaria Mazzeo, dal direttore sportivo Davide Vaira e dal direttore della comunicazione Paolo Viganò.

"Al termine del nostro primo incontro –ricorda dal palco Carlo Rivetti – mi sono detto: quest’uomo avrei voluto conoscerlo prima per condividere con lui più strade nella vita e nel lavoro. Non ho cambiato idea, non la cambierò mai. Se penso a Romano, vedo quei suoi occhi luminosi e buoni che mi colpirono subito quando ci incontrammo, tutti e due con le mascherine. Romano è una roccia gentile cresciuta su questa terra forte, io un viaggiatore di sogni che oggi sono più che mai gialloblù".