
Rita da 9 anni lotta contro una malattia rara: "Non arrendetevi alle prime diagnosi sbagliate"
Lotta da 9 anni contro una malattia rara, ha affrontato numerosi ricoveri, ripetute fratture agli arti, e oggi convive con difficoltà a camminare e rigidità muscolari improvvise. Ma dare finalmente un nome al suo disturbo le ha permesso di sentirsi meno sola e incompresa, dandole la forza di andare avanti. "Solo grazie all’intuizione di un medico ricercatore del Policlinico, nel 2018 ho avuto la conferma della ’Stiff-man syndrome’ (sindrome dell’uomo rigido)" spiega la 60enne castelfranchese Rita Veronesi che, circondata dall’affetto della sua famiglia, non si è mai arresa. Il calvario inizia nel 2014 quando, all’improvviso, si blocca in mezzo alla strada in preda a tremori per 5 lunghissimi minuti: "Fortunatamente una coppia che conosco è intervenuta e mi ha sorretto. Poi sono stata portata per la prima volta al pronto soccorso". Dopo quell’episodio ne sono accaduti molti altri con lo stesso esito – gambe che si bloccano e cadute – apparentemente inspiegabili. "Sono stati necessari 4 anni di diagnosi sbagliate, in cui più volte i miei sintomi sono stati scambiati per attacchi di panico, per arrivare a certificare la malattia autoimmune". Si tratta della sindrome dell’uomo rigido, di cui recentemente ha confessato di soffrire anche la cantante Céline Dion. Una malattia rara, invalidante e, ad oggi, senza cure.
Rita ha scelto di raccontare il suo calvario per dare coraggio a tutti coloro che sono nella sua situazione, che combattono per arrivare a una diagnosi "e che meritano di essere ascoltati". "Prima della diagnosi corretta sono stata anche ricoverata in psichiatrica in una clinica, tutto veniva sempre ricondotto a disturbi mentali ed è l’aspetto che più mi ha ferito: mi sono sentita umiliata. Sentivo che nessuno mi credeva. Ma, nonostante le dosi massicce di psicofarmaci, la situazione non migliorava". Nel frattempo Rita è più volte caduta fratturandosi il gomito e riportando traumi cerebrali. I primi sospetti di una sindrome rara arrivano solo nel febbraio 2018. "Un professore del Policlinico mi fece visitare da una equipe interna che poteva contare anche su un medico ricercatore. Fu lui a ipotizzare che potesse trattarsi di una malattia autoimmune a livello neurologico soffrendo io già di altre tre malattie autoimmuni".
Poi la conferma dopo il prelievo del midollo e la elettromiografia. "Non esiste una cura (ha fatto un ciclo sperimentale con flebo di immunoglobuline, ndr) e, nonostante la riabilitazione, non sono in grado di rimanere sul deambulatore più di 10 minuti a causa delle fratture al braccio e i traumi alla spalla sinistra. Ma cerco di rinforzare i muscoli per camminare e non usare sempre la carrozzina con le difficoltà che comporta".
Rita ora sa contro cosa deve lottare e ogni giorno cerca di impedire che la malattia prenda il sopravvento. "Vorrei ringraziare i medici che mi hanno in cura attualmente, il primario Franco Valzania del reparto di neurologia dell’ospedale Santa Maria Nuova, il medico ricercatore Francesco Cavallieri e il dottor Massimo Bondavalli, e il medico ricercatore che ha scoperto la mia malattia: il dottore Matteo Marcacci". Proprio oggi Rita, che è mamma e nonna, andrà a Reggio Emilia, dove è attualmente in cura, per una risonanza magnetica. "Non mi arrendo".
v.s.