Modena, 20 agosto 2024 – "E’ la seconda volta che mi dimetto per inseguire il mio sogno. E da un anno a questa parte ho scritto persino una lista di cose da fare prima di morire: non è un elenco che mi sono prefissato di completare, tutt’altro. Ma un promemoria per ricordarmi che la vita è piena di stimoli, che meritano di essere afferrati a piene mani". Inizia così il lungo viaggio di Riccardo Mingarelli, modenese di 33 anni, mentre riavvolge il nastro della memoria e racconta il percorso che, zaino in spalla, ha deciso di intraprendere per dare una ’svolta’ alla sua quotidianità. Nero su bianco, la sua lista spazia da obiettivi più ambiziosi (vivere in una tribù africana o attraversare l’Alaska in Kayak) fino a sfide più semplici, come partecipare a un matrimonio di sconosciuti o vivere un fallimento. "La prima regola è non essere ossessionato da questa lista, ma spuntare solo e soltanto quello che si riesce e farlo con gioia – spiega Riccardo – in questi anni ho iniziato a girare il mondo, non senza momenti difficili, e ho sempre imparato tantissimo".
Riccardo, come inizia la sua storia?
"La prima volta che ho dato le dimissioni era il 2017. Lavoravo in una multinazionale giapponese a Milano e sentivo di non provare più stimoli per quello che facevo. Ho iniziato il cammino di Santiago durante le ferie e quando sono tornato ho capito che serviva una svolta. Lavorativamente parlando non è arrivata, perciò l’ho creata da me. Ho iniziato a girare il Sud America, l’Australia, diversi stati dell’Europa. Sono stati 21 mesi che amo definire ‘il master della vita’".
E dopo quel lasso di tempo, cos’è successo?
"Ho sentito che il viaggio era arrivato alla sua fine. Ero soddisfatto, felice. Mi sentivo leggero, ed era ora di tornare a casa".
Casa sua, Modena.
"Esatto. Sono andato a lavorare nel ristorante di famiglia, il Selmi 22. E anche sotto la Ghirlandina, mi sono reso conto che riuscivo a vivere grandi stimoli che mi facevano stare bene. Una sensazione andata avanti per un po’ di tempo: anche in questo senso ‘viaggiavo’, ma fra i tavoli del ristorante. Conoscevo persone, parlavo con i clienti. Qualcosa, però, è tornato a cambiare in me. Dopo un periodo di riflessione, ho capito che avevo la necessità, di nuovo, di una svolta: mi ricordo quella notte, stavo guardando un documentario e ho buttato giù una prima versione della lista di cose da fare prima di morire".
Da lì, ha iniziato a stravolgere la sua vita?
"Ho lasciato il lavoro sì, ma per gradi, perché desideravo aiutare lo staff a ritrovare una persona che potesse sostituirmi. Poi ho comprato un van, con cui ho girato diversi posti, tra cui la Sardegna. Nel mentre ho trasformato la mia casa a Modena in un b&b, con vista Ghirlandina. Ho così iniziato a girare il mondo, prima come coordinatore di viaggi, poi soltanto per me stesso. Sono andato in Islanda a vedere l’aurora boreale, un’esperienza che auguro a tutti. Ho conosciuto persone, culture, posti inimmaginabili. E come è normale, ho vissuto momenti splendidi e altri più difficili. Tanto da tornare a percorrere il cammino di Santiago, per guardarmi dentro, fino a partire per il Nepal".
Il Nepal?
"Sì. Mi avevano appena licenziato come coordinatore e ho seguito questo sogno. Dal trekking fino ai piedi dell’Everest ad un ritiro spirituale in un monastero buddista".
Cos’altro c’è sulla lista?
"Tante, tantissime cose. Vorrei andare a fare il volontario in Africa, ma anche scalare il Kilimangiaro per mio nonno. Trascorrere ‘el dia de los muertos’ in Messico. E creare una famiglia".
Che consigli darebbe ad altri?
"Di scrivere una propria lista: quando metti i tuoi sogni nero su bianco, diventano più reali. Non c’è bisogno di essere estremi e so che non tutti possono o vogliono abbandonare il proprio lavoro per girare il mondo, ma la ‘lista’ di ognuno può essere costellata da tanti ‘obiettivi’ diversi. Anche accompagnare i figli a scuola tutte le mattine".