GIANPAOLO ANNESE
Cronaca

Pd, l'amarezza degli esclusi. Patto su Bortolamasi e Guerzoni. Fuori cattolici e area Schlein

Se si arriva alla corsa finale a due il timore è di proporre un'offerta politica poco ricca. C'è chi invoca il modello delle primarie di Bologna Lepore-Conti, scontro vero e partecipazione. .

Pd, l’amarezza degli esclusi. Patto su Bortolamasi e Guerzoni. Fuori cattolici e area Schlein

Pd, l’amarezza degli esclusi. Patto su Bortolamasi e Guerzoni. Fuori cattolici e area Schlein

Niente donne, niente movimento Schlein, niente cattolici e centristi. Un'eventuale convergenza sul capo di gabinetto del sindaco Giulio Guerzoni e l'assessore Andrea Bortolamasi lascerebbe fuori tanti mondi. La considerazione attraversa il lungo ponte novembrino in un Partito democratico alle prese con le consultazioni in vista delle amministrative del 2024. Le voci sul 'patto di Halloween' di cui abbiamo dato conto ieri tra Stefano Bonaccini e Gian Carlo Muzzarelli su Bortolamasi e Guerzoni che taglia fuori ogni altro pretendente, i consensi che i due stanno racimolando nei circoli staccando progressivamente gli altri, disegnano un binario con un punto di arrivo sempre più definito.

Tra coloro che non si augurano per nulla questa conclusione si parla di 'piccolo cabotaggio', di 'orizzonti ristretti', di 'rischio primariette'. 'Il problema – è il succo della riflessione – è che bisogna pensare a vincere le elezioni amministrative a giugno, non le primarie. Si può dire che questi nomi, al di là del valore delle persone che non è in discussione, rappresentano l'intero partito e, per estensione, il centrosinistra? Vengono entrambi dalla giunta uscente, sono un prolungamento del conflitto Bonaccini-Muzzarelli con altri mezzi'.

Un riferimento che rimarca come la sintesi sui due nomi in questa fase è rilevante più per i pretendenti e le anime del partito che trascura piuttosto che per la decisione finale su uno dei due. La quale andrà assunta combinando il responso delle consultazioni e l'analisi dei vertici del partito, non escludendo a priori le primarie a due interne al Partito democratico (incrociando regolamenti e statuti in caso di necessità sono possibili).

Nello scenario circoscritto solo a Guerzoni-Bortolamasi per esempio mancherebbero le donne, elemento considerato importante da una robusta componente. Così come resterebbe pericolosamente scoperta l'anima centrista e cattolica, a quel punto possibile dolcetto goloso per il centrodestra in vena di scherzetti dopo l'exploit di Daniela Dondi, che non disdegna a Modena scorrerie anche nel campo avverso per pescare voti. Né viene inclusa la movimento Schlein che se è vero che a Modena non ha prevalso è pur sempre maggioritaria a livello nazionale.

L'alternativa a questo punto potrebbe arrivare dagli eventuali candidati degli alleati, i quali però non hanno mai manifestato passione per le primarie. La Rete Rosso Verde, gli stessi 5stelle, hanno esplicitato che preferirebbero raggiungere un accordo su un nome comune invece di affrontarsi tra loro. E se quello del Pd fosse quello 'giusto' non avrebbero problemi a convergere. Guerzoni e Bortolamasi in questo senso possono piacere nell'ottica della 'discontinuità' tanto invocata?

Le primarie, è la considerazione, hanno un senso se candidare candidati eterogenei, rappresentativi di sensibilità diverse: lo stesso sindaco Muzzarelli ha sempre detto di auspicarle non tanto e non solo per selezionare un vincitore, ma come strumento per costruire una coalizione larga e plurale. Vengono in mente quelle di Bologna tra Matteo Lepore (più di sinistra) e Isabella Conti (più centrista), scontro vero e sentito, e che alla fine può aver favorito alle amministrative il coinvolgimento di un numero maggiore di elettori di centrosinistra rispetto a quello che ci sarebbe stato magari se non ci fosse stata la sfida. Anche Romano Prodi in quell'occasione sostenne che nelle primarie per essere davvero tali - immagine truculenta ma efficace - "deve scorrere il sangue. Ma bisogna farle molto in anticipo perché possa raggrumarsi".

Il timore in sostanza nel Partito democratico, almeno in alcune sue componenti, è di proporre un'offerta politica poco ricca agli elettori.