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Elettricista uccide primario e si spara, ragazzina di 13 anni sfugge ai proiettili

La lite nel cantiere a Concordia per lavori non pagati (FOTO). Carlo Ghidoni ha esploso diversi colpi. Illesi la ragazzina e suo padre di VIncenzo Malara

Carlo Ghidoni (a sinistra) e Amos Bartolino (a destra)

Modena, 14 luglio 2014 - A SANTA CATERINA di Concordia, il civico 19 di via Chiaviche è in mezzo al nulla (FOTO). Lì c’è la villetta della tragedia, dove dopo un’accesa lite forse per un debito non pagato, un elettricista di 50 anni, Carlo Ghidoni, ha ucciso l’oculista Amos Bartolino, 51 anni, residente nel Reggiano, a Lemizzone, ora direttore all’ospedale di Correggio ma per molti anni primario del Ramazzini di Carpi. Poi si è tolto la vita. L’omicidio-suicidio si è consumato tra le 9 e le 10 di ieri mattina: Bartolino e Ghidoni si erano dati appuntamento nel cantiere di proprietà del medico proprio per discutere di alcuni lavori e dei relativi compensi.

C’era anche un terzo uomo: il falegname Fabrizio Casaglia, insieme alla figlia di 13 anni. Per un miracolo ambedue sono rimasti illesi, risparmiati dalla follia omicida di Ghidoni, maestro di karate, molto conosciuto a Carpi e Concordia, dove risiedono i genitori. Secondo la ricostruzione dei carabinieri della compagnia di Carpi, sul posto con gli esperti del Ris e il magistrato Lucia De Santis, proprio su una fattura forse non pagata da Bartolino, si sarebbe scatenata la furia incontrollabile dell’artigiano, da tempo in gravi difficoltà economiche. Toni accesi, il tentativo di riportare tutto alla calma da parte del falegname poi, all’improvviso, è spuntata una pistola che Ghidoni deteneva regolarmente e che ha preso forse dal cruscotto della sua auto.

Un colpo e Amos Bartolino, pur ferito, sarebbe riuscito a trascinarsi per pochi metri e a rifugiarsi nella casa. Sforzo inutile perché Ghidoni lo avrebbe raggiunto all’interno per finirlo con altri colpi. Poi l’epilogo: l’elettricista ha puntato l’arma contro se stesso e si è suicidato. Fabrizio Casaglia, falegname amico di Bartolino, residente sempre in via Chiaviche, e la figlia tredicenne, approfittando del fatto che Ghidoni si era allontanato, sono riusciti a mettersi in salvo dai vicini e hanno subito allertato gli investigatori. Sul posto è arrivata anche la moglie del primario che ha avuto un malore. Casaglia è stato a lungo interrogato dagli inquirenti e la sua testimonianza sarà decisiva per ricostruire la dinamica.

Cosa ha spinto Ghidoni al massacro? Per ora gli inquirenti non si sbilanciano, ma di sicuro ci sarà molto capire. Solo l’autopsia poi stabilirà il numero di colpi sparati contro Bartolino che, stando alle testimonianze, aveva conosciuto Ghidoni in una palestra della Bassa reggiana, dove l’artigiano da anni insegnava Tai Chi, disciplina praticata a sua volta dal medico. Qui sarebbe maturato l’accordo sui lavori nella villetta, anche se, stando ad alcune voci, lo stesso Bartolino negli ultimi tempi avrebbe chiesto informazioni sull’elettricista, forse insospettito da qualche suo strano atteggiamento. Semplice raptus o qualcosa covava già dentro Ghidoni? Emblematica una frase pubblicata su Facebook, che testimonia una fase difficile della vita dell’elettricista: «Le persone sono strane. Prima ti porgono la mano e poi pretendono tutto il braccio».

Da verificare anche l’ipotesi che Ghidoni sia stato ospite nella villetta in cambio di uno sconto sugli interventi (c’è anche chi dice che si dovesse trasferire lì a breve, Bartolino pare volesse vendere). Ma sono tutte voci non confermate. Per tutta la durata dei rilievi, il via vai di curiosi e conoscenti è stato incessante. Intercettato dai giornalisti Claudio Malagoli, amico sia del falegname sopravvissuto che del primario, ha assicurato che «Amos si è sempre comportato bene con Ghidoni». «Fabrizio — ha aggiunto — ha chiamato mio nipote appena dopo essere fuggito e gli ha raccontato che è successo tutto in un attimo. E’ stato terribile».

Vincenzo Malara