VALENTINA REGGIANI
Cronaca

L’omicidio Montanari resta irrisolto: inchiesta nuovamente archiviata

Nel 1981 l’allora direttore di Ostetricia fu freddato fuori dal Policlinico, la vedova non si è mai arresa. Senza esito la nuova pista relativa alla famiglia di un bimbo che all’epoca riportò lesioni durante il parto

Il primario Giorgio Montanari fu freddato l’8 gennaio 1981

Il primario Giorgio Montanari fu freddato l’8 gennaio 1981

Modena, 17 ottobre 2024 – "La pista percorsa in questa nuova fase di indagini non ha consentito di raccogliere elementi, neppure indiziari, a carico degli indagati e, men che meno, dell’unico teoricamente perseguibile. Neppure il rinnovato esame degli atti ha consentito di individuare ulteriori piste investigative suscettibili di essere percorse”. La speranza c’era e forte, ma il delitto del professor Giorgio Montanari, allora direttore della Clinica Ostetrico-ginecologica del Policlinico, è destinato a rimanere irrisolto.

Il gip ha infatti archiviato, su richiesta della procura, il fascicolo relativo all’omicidio del professore, ucciso con sette colpi d’arma da fuoco l’8 gennaio del 1981 nel parcheggio del nosocomio. Con le motivazioni sopra citate, infatti, i procuratori titolari del fascicolo, Luca Masini e Giuseppe di Giorgio avevano chiesto l’archiviazione del caso che non ha trovato opposizione – nei termini previsti – da parte dei familiari della vittima.

Una immagine del 1981 della scena del delitto
Una immagine del 1981 della scena del delitto

Il fascicolo vedeva l’iscrizione di due indagati: il padre 65enne e il nonno (deceduto nel frattempo) di un bambino che, all’epoca dei fatti, aveva riportato gravi lesioni durante il parto. Le indagini svolte dalla mobile, diretta da Mario Paternoster – partendo dalla relazione della criminologa Antonella Pesce Delfino, incaricata dalla vedova Montanari – avevano permesso di raccogliere importanti elementi a carico proprio del nonno di quel neonato venuto alla luce alla fine del 1980 al Policlinico con gravi malformazioni riconducibili ad errori commessi in sala parto. Da qui la ‘pista’ del risentimento da parte dei familiari verso i sanitari e quindi verso il primario, non presente però in sala parto. Perchè l’indiziato era proprio il nonno? L’uomo era in possesso di un’arma compatibile con quella utilizzata per il delitto ed era ’avvezzo’ all’utilizzo di armi. Inoltre all’epoca dei fatti l’anziano aveva in uso un’auto compatibile con un reperto rinvenuto in prossimità del luogo dell’attentato. Fu lui, inoltre – secondo le indagini condotte dalla polizia – a richiedere la cartella clinica del neonato all’insaputa – pare – della madre del piccolo. Elementi insufficienti, però, questi, secondo la procura per sostenere il castello accusatorio in dibattimento: per la posizione dell’anziano i pm avevano chiesto l’archiviazione per morte del reo (L’anziano in questione è deceduto circa 20 anni fa. La morte del reo è causa di estinzione del reato).

Per il figlio dell’uomo, invece, l’archiviazione era stata chiesta a causa di elementi insufficienti. Ora il ‘cold case’ è ufficialmente chiuso. Il caso era stato riaperto per la seconda volta a febbraio dello scorso anno dopo 42 anni dal terribile delitto proprio grazie a quei nuovi ‘indizi’ ai quali aveva lavorato la criminologa incaricata dalla vedova: indizi che portavano alla pista del risentimento. Prima ancora, a riaprire il fascicolo era stato l’allora procuratore di Modena Paolo Giovagnoli, seguendo ‘la pista’ di un’arma compatibile con quella utilizzata contro il primario e venduta all’asta dall’ufficio corpi di reato. Gli investigatori dell’epoca, invece, coordinati dall’allora pm Eleonora De Marco, privilegiarono la pista professionale. Ad oggi, purtroppo, il nome dell’assassino del professore resta un mistero.