VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Omicidio Alice Neri, niente esami sulla tuta del collega di lavoro: "Fu resa e distrutta"

Stop alla controperizia del marito. Su quegli abiti sotto sequestro i carabinieri trovarono tracce di terra ed erba, ma il ’terzo uomo’ non è mai stato indagato e i vestiti poi restituiti all’azienda

Alice Neri è morta carbonizzata nella sua auto

Modena, 14 aprile 2023 – Avrebbero potuto esserci tracce d’olio, di Dna o di altro materiale su quella tuta? Impossibile stabilirlo perché proprio quegli indumenti sequestrati dai carabinieri di Modena lo scorso 25 novembre sono andati distrutti. Parliamo delle tute da lavoro del cosiddetto ‘terzo uomo’, una figura di cui spesso si è parlato nell’ambito del terribile delitto di Alice Neri, la giovane mamma di Ravarino, nel Modenese, barbaramente uccisa lo scorso 18 novembre. Indumenti da lavoro del collega della vittima che non è mai stato iscritto nel registro degli indagati, ma col quale Alice aveva avuto un trascorso intimo come documentato da alcuni bigliettini d’amore comparsi nell’armadietto della giovane donna. Pochi giorni dopo il rinvenimento del corpo carbonizzato di Alice, nelle campagne di Fossa di Concordia, i militari sequestrarono appunto le tute da lavoro del terzo uomo, dopo che quest’ultimo aveva chiesto un cambio sospetto di indumenti, senza preavviso.

Nelle pieghe dei vestiti – come emerse dai primi accertamenti – erano spuntate tracce di terra ed erba. Per questo motivo lo scorso 31 marzo l’avvocato Antonio Ingroia, legale di fiducia del marito della vittima, Nicholas Negrini, aveva chiesto alla procura di effettuare esami irripetibili su quella tuta, confrontando i residui di terra ed erba trovati nei pantaloni con il terreno sul luogo del delitto. Gli indumenti, però, sarebbero stati nel frattempo restituiti all’azienda, ovvero alla Wam e poi distrutti. "Non lo abbiamo chiesto perché pensiamo che la procura abbia fatto male il suo lavoro – sottolinea Katia Sartori, consulente di Negrini insieme all’ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano – ma analizzare quella tuta sarebbe servito anche a mitigare tutti quei dubbi che sono saltati fuori attraverso varie trasmissioni e testate giornalistiche: sarebbe servito anche a lui stesso. Gli elementi a carico di Mohamed Gaaloul (il tunisino in carcere, principale sospettato dell’omicidio, ndr ) ad oggi sono di matrice indiziaria e in alcuni punti un po’ deboli. No – continua Sartori – abbiamo chiesto anche l’ampliamento dell’incidente probatorio al fazzoletto trovato durante il nostro sopralluogo attaccato ad un pezzo di pneumatico anteriore, lato guida. Da quel fazzoletto abbiamo ottenuto dna maschile che chiediamo venga ora analizzato".

Secondo il marito della vittima, che ancora oggi risulta indagato insieme a un altro collega di Alice Neri, ovvero colui che trascorse la serata del 17 novembre insieme alla giovane mamma allo Smart Cafè, è stato un ‘azzardo’ non analizzare quegli indumenti. " Essendo ancora in fase di indagine – afferma – sarebbe auspicabile prendere in considerazione tutto. Noi abbiamo scandagliato a 360 gradi la vita di mia moglie e non per mancanza di fiducia nei confronti della procura ma abbiamo chiesto di estendere l’incidente probatorio anche a quegli indumenti, dal momento che erano sporchi di terriccio".