Ricorda Luciano Pantaleoni, correggese classe ‘56, scrittore ed architetto, come in un tempo nemmeno molto lontano in alcune scuole italiane gli insegnanti fossero soliti consegnare un sasso nero agli alunni che in aula parlavano dialetto. Fra gli anni ‘60 e ‘70 usava proprio così: all’ultimo destinatario del sasso prima della campanella, doppia razione di compiti a casa. Il messaggio implicito era piuttosto chiaro, e facile immaginare che a quelli cresciuti in una casa dove proprio il dialetto era prima lingua la pratica ‘didattica’ non dovesse piacere particolarmente. Facile immaginare anche come quel sassolino scuro col passare degli anni ad alcuni degli stessi alunni possa essere finito nella scarpa, come vuol far intendere la nota metafora. Non stupisce insomma che l’opera ‘Mudnés’ di Pantaleoni (Incontri editrice, 307 pagine, 28 euro) sia soprattutto il traguardo tagliato dopo chilometri e chilometri percorsi nei mercati settimanali di ognuno dei 47 comuni che completano il puzzle della nostra provincia. Questo per l’appunto è ciò che ha fatto l’autore di un libro più prezioso che strambo, per quanto strambo lo sia davvero, partendo d’altronde da un assunto che ha radici addirittura cinquecentesche e recita più o meno così: ’Chi non è matto non è di Modena’.
Incontrare persone e unirle in gruppo, farsi raccontare proverbi, modi di dire, storie, aneddoti, particolarità di ognuno dei comuni ‘visitati’ è il compito che lo scrittore si è dato per alcuni anni. I punti cardinali? Il dialetto, manco a dirlo, e quella cultura popolare che qualcuno già nell’800 dava per morta e che invece nel ben più recente 2003 è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio intangibile. La stessa cultura popolare che, suggerisce il libro di Pantaleoni, vive e lotta insieme a noi, basta andarsela a cercare. Per fare due esempi: sapevate che a Castelvetro c’è un posto chiamato ‘Montecitorio’ dove gli anziani custodiscono la memoria del paese? Altro non è che una fermata per i bus della defunta Atcm dove ci si ritrova ancora tutti i giorni, in via sinistra Guerro. Oppure, che quelli di Vignola erano soliti deridere gli abitanti di Spilamberto per la mancanza di stile come per il modo differente di parlare? Ce ne sono tanti altri di aneddoti, ma meglio non spoilerare. Ci permettiamo di inciampare in uno dei neologismi ultimamente più in voga perché ciò è utile per apprezzare un’altra caratteristica del libro ‘Mudnés’: in un frullatore di tempi, accenti e lettere, i testi sono tutti tradotti anche in inglese.
Il dialetto alla pari della lingua più contemporanea che ci sia, in un chiaro intento di attualizzare il primo e utilizzare la seconda per rendere edotti delle tradizioni anche turisti e stranieri di passaggio. ‘Circumnavigando’ il Modenese attraverso i territori circostanti bolognesi, ferraresi, mantovani, reggiani, garfagnini e pistoiesi, Pantaleoni fornisce un accurato dipinto dell’indole modenese, che proprio nella grafica, ovvero nei disegni di Giulio Taparelli, ha il suo tratto più nostalgico. ‘Mudnés’ è un gradito ripasso di quella cultura del sapersi prendere non troppo sul serio oggi più che mai utile e perciò altrettanto condivisibile.