Mosè in Egitto, un avvio biblico per la lirica. Pertusi: "Qui il mio debutto quarant’anni fa"

Al Comunale la stagione riparte con un’opera seria di Rossini. Il Maestro: "Pavarotti ed io accomunati dallo stesso insegnante, Arrigo Pola"

Mosè in Egitto, un avvio biblico per la lirica. Pertusi: "Qui il mio debutto quarant’anni fa"

Al Comunale la stagione riparte con un’opera seria di Rossini. Il Maestro: "Pavarotti ed io accomunati dallo stesso insegnante, Arrigo Pola"

di Stefano Marchetti

I debutti non finiscono mai, anche per un grande della lirica come Michele Pertusi, eccellente interprete rossiniano e verdiano dalla carriera internazionale: "Ho cantato già altre volte il ‘Mosè in Egitto’ di Rossini ma sempre nel ruolo del Faraone, mai in quello del protagonista del titolo", sorride il celebre basso parmigiano che lo scorso anno è stato un immenso Filippo II nel ’Don Carlo’ di Verdi, prima al nostro Comunale, poi il mese successivo alla ‘prima’ della Scala. Varie volte Pertusi ha affrontato la versione francese del ’Mosè in Egitto’, "ma ora – dice – torno all’originale".

Maestro, quali sono le differenze fra le due versioni?

"Il ‘Moïse et Pharaon’ del 1827 è opera molto più lunga, rispetto al ‘Mosè in Egitto’. Rossini aggiunse e spostò alcune parti: per esempio, la versione originaria inizia con la scena delle tenebre che invece nell’opera in francese è solo nel secondo atto. Rispetto ad altre opere del Rossini ‘serio’, questa non è particolarmente virtuosistica, ma sono piuttosto belli i numeri corali: sappiamo che l’aria di Mosè, cioé la mia, non venne composta direttamente da Rossini che la affidò a un collaboratore, ma ha grande dignità drammaturgica e sarebbe ingiusto non eseguirla".

Che personaggio è Mosè?

"Un integralista religioso, un unto dal Signore: si reputa il tramite diretto fra Dio e il suo popolo, e si muove in base alla forza che gli dà questa convinzione. Anche i gesti che compie sono sempre per intervento di Dio: nella musica questo è continuamente sottolineato. In fondo, questo Mosè non si distacca dalla tradizione della Bibbia che ci è stata tramandata e si è riflessa poi anche nell’iconografia cinematografica: a me torna in mente, per esempio, il Charlton Heston dei ‘Dieci comandamenti’..."

Meglio questo Rossini ‘serio’ oppure quello dell’opera buffa?

"Naturalmente è molto più famoso il Rossini ‘brillante’, e diverse sue opere serie (come ‘Zelmira’ o ‘La donna del lago’) sono meno conosciute, anche se si stanno riscoprendo. Il Rossini serio presenta sempre e comunque una grande maestria compositiva, il Rossini buffo ha in sé anche una verve e una gioia impareggiabili".

E per lei che li ‘frequenta’ entrambi... meglio Rossini o Verdi?

"Anche per le mie radici di Parma, io nasco e sono un temperamento drammatico, più vicino a Verdi. Sono cresciuto ascoltando Verdi e Puccini. Ma come non inchinarsi davanti a capolavori di Rossini come ‘Semiramide’, ‘Maometto secondo’ o ‘La gazza ladra’? È chiaro che, se devo indirizzarmi verso un’opera buffa, non ho dubbi e scelgo Rossini: anche il ‘Falstaff’ di Verdi, che pure a volte viene considerato ‘buffo’, a mio parere è un’opera divertente, ma non è la farsa rossiniana. La peculiarità di Verdi è sempre la forza drammatica".

Maestro, nella sua vita c’è una data speciale, 13 dicembre 1984...

"Sì, fu il mio debutto in palcoscenico nell’Ernani di Verdi, e proprio qui al Comunale di Modena. Avevo 19 anni e studiavo da qualche mese con Arrigo Pola (che è stato anche maestro di Pavarotti, ndr): fu lui a convincermi a partecipare alle selezioni per quella produzione, e il maestro Magiera preparava le compagnie di canto".

Dunque sono ormai 40 anni di carriera: come fu per lei quel debutto?

"Ricordo che lo vissi con un grande entusiasmo, senza paure, ma con tutto il coraggio della gioventù: vivevo la gioia di cimentarmi in una situazione complessa e avevo la passione che mi guidava. L’aver cominciato così giovane mi ha forse preservato da certe tensioni che emergono prima delle recite".

Qual è il segreto di una carriera così lunga, importante e solida?

"Occorre certo avere fortuna, una salute di ferro, un fisico che regge. Ma occorre soprattutto saper coltivare il dono ricevuto, continuando a studiare tutti i giorni, prova dopo prova. Non si deve mai spegnere il desiderio di migliorare semprei".

I suoi prossimi impegni?

"In novembre canterò il ‘Requiem’ di Verdi a Bruxelles, poi a fine mese aprirò la stagione dell’Opera di Roma con il ‘Simon Boccanegra’. Una piccola pausa natalizia, e in gennaio sarò già all’Opéra di Lione per le prove de ‘La forza del destino’".