La sua è stata una vita dedicata all’arte, alla bellezza, alla cura di quei tesori che sono affidati alla nostra custodia. Il professor Pietro Tranchina, fra i più apprezzati restauratori di opere d’arte antica, si è spento ieri mattina: aveva 80 anni. Nella sua lunga carriera si è occupato del restauro di capolavori in tutta Italia, fra cui anche l’iconico busto di Francesco I d’Este, scolpito dal Bernini, vanto della Galleria Estense, e varie sculture dei maestri della terracotta come Guido Mazzoni e Antonio Begarelli: con la direzione dell’allora soprintendente Jadranka Bentini restaurò anche la "Madonna della pappa" nella cripta del Duomo.
Pietro Tranchina era nato a Siracusa dove si era diplomato all’Istituto d’arte. Poi aveva conseguito l’abilitazione all’Istituto centrale del restauro di Roma. Già dalla fine degli anni ‘60 ha iniziato a collaborare con varie Soprintendenze e con grandi e importanti istituti culturali. L’attività di restauro nel suo atelier di via Castel Maraldo è andata di pari passo con la ricerca e anche con l’insegnamento: dal 1990 al ‘92, per esempio, Pietro Tranchina è stato docente di Tecnica del restauro all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, e in anni recenti ha tenuto lezioni all’Università di Parma e al liceo artistico Arcangeli di Bologna.
La sua competenza è stata valutata ai massimi livelli: nel 2003 è stato nominato direttore operativo per i restauri presso l’Istituto Beni culturali dell’Emilia Romagna, nel 2005 è stato incaricato dei restauri al Museu Nacional da Quinta da Boa Vista di Rio de Janeiro.
"Pietro, il Maestro, come lo chiamavamo tutti noi amici, non era soltanto un grande restauratore ma un vero conoscitore della pittura del passato e del presente, un intellettuale delle immagini – lo ricorda Franco Guerzoni, notissimo artista modenese –. La sua presenza confortava per quel suo carattere mite e rispettoso della parola altrui, ma attentissimo alle problematiche in difesa del patrimonio artistico al quale ha dedicato la vita intera. Gentile sì, ma fermo sulle sue convinzioni legate alla difesa dell’opera d’arte, nelle forme dell’antico e del contemporaneo sul quale i suoi studi rivelavano un raro sapere". Guerzoni aggiunge che "Pietro guardava alla pittura nella sua profondità: si sarebbe potuto definire con un sorriso un archeologo, e l’archeologia è stata anche una sua grande passione. Mancheranno a tutti le sue parole sottili, l’eleganza del linguaggio, i suoi sorrisi, la sua infinita saggezza".
Pietro Tranchina lascia la moglie Susetta, il figlio Davide e l’amatissimo nipotino: l’ultimo saluto venerdì 27 alle 11.30 presso Terracielo.