REDAZIONE MODENA

Morto in carcere a Modena, disposte nuove indagini: cosa non torna

Fabio Romagnoli è stato trovato senza vita a febbraio 2023 dal compagno di cella e da un agente della Penitenziaria. Il gip ha respinto l'archiviazione

Fabio Romagnoli (nel tondo) fu trovato accasciato a terra, con accanto un fornellino a gas, dal compagno di cella e da un agente della Penitenziaria

Fabio Romagnoli (nel tondo) fu trovato accasciato a terra, con accanto un fornellino a gas, dal compagno di cella e da un agente della Penitenziaria

Modena, 24 marzo 2025 – Verranno fatte nuove indagini per chiarire le circostanze della morte di Fabio Romagnoli, deceduto a 40 anni il 20 febbraio 2023 in carcere a Modena. Le ha disposte il Gip del tribunale di Modena, respingendo quindi la richiesta di archiviazione.

Il detenuto fu trovato accasciato a terra, con accanto un fornellino a gas, dal compagno di cella e da un agente della Penitenziaria. Secondo la Procura morì per cause accidentali, mentre per la famiglia, che si era opposta alla richiesta di archiviazione ed è assistita dagli avvocati Luca Sebastiani e Stefania Pettinacci, si suicidò in carcere e non fu fatto nulla per prevenire la tragedia, nonostante i pregressi tentativi di suicidio.

Quali accertamenti verranno fatti

Il giudice ha ordinato di svolgere ulteriori accertamenti sul tema della disponibilità del fornelletto a un detenuto che aveva già provato a togliersi la vita - verificando anche eventuali linee guida sulla concessione di questo strumento ai detenuti - e di sentire i genitori e il compagno di cella sullo stato psicologico di Romagnoli nei giorni precedenti.

Gli avvocati degli familiari: “Soddisfatti”

"Siamo soddisfatti del lavoro fin qui svolto ma soprattutto della decisione del Gip modenese, che potrebbe segnare un punto di svolta nella prevenzione del rischio suicidario all'interno degli Istituti penitenziari. Romagnoli era un soggetto fragile, che aveva già tentato il suicidio durante la carcerazione e che, stando a quanto riferito da lui stesso ai suoi familiari nelle ultime settimane di vita, si trovava in grave sofferenza psichica", dicono gli avvocati Sebastiani e Pettinacci.

"Siamo consapevoli che il sovraffollamento delle strutture penitenziarie, in particolare quello di Modena, accompagnato da un inadeguato numero di sanitari, educatori e agenti penitenziari, rende particolarmente difficile prevenire gesti autolesivi: ciò però non può ricadere sui diritti dei soggetti detenuti e, in casi come questo, dei loro cari", aggiungono.