"Modena, l’unica piazza dove non ho vinto"

Da Re, presidente dell’Itas ed ex dirigente gialloblù: "Dopo 11 anni a Trento non sento più nostalgia, ma il rammarico ce l’ho ancora"

"Modena, l’unica piazza dove non ho vinto"

Bruno Da Re, presidente dell’Itas Trento ed. ex dirigente a Modena

Settant’anni appena compiuti, ma come lui ancora non se ne vedono all’orizzonte. Bruno Da Re è ormai uno dei grandi saggi del volley italiano, presidente della Trento che domenica ospiterà Modena, la sua cattedrale incompiuta. "È l’unica piazza in cui non sono riuscito a vincere" racconta l’ex direttore generale gialloblù, che all’undicesima stagione all’Itas sa di avere ancora lo scoglio altissimo di Perugia da superare. "Forse più degli anni scorsi", racconta Da Re.

Dice?

"Sì. Con Ishikawa la Sir secondo me è più forte perché Leon era spesso fuori nelle ultime stagioni, mentre il giapponese garantisce più affidabilità e l’opposto, Ben Tara, ha un anno di più di esperienza. Se in Italia e in Europa si vuole vincere bisogna battere Perugia".

Dietro voi, Perugia e Piacenza chi vede messo meglio?

"Vedo molto bene Verona, un ambiente solido che si sta sistemando bene. Possono competere con le prime. Bisognerà vedere cosa fa Monza quando si assesta con tutti i titolari, poi Modena, Milano, Civitanova".

Descriva Fabio Soli: scommessa o una scelta ponderata?

"Scommesse, alla mia età, non sono più propenso a farne. La scelta di non proseguire con Lorenzetti è stata un momento difficile, una persona che mi resterà nel cuore per sempre. La mia idea era di prendere un allenatore giovane, italiano, senza doppio incarico perché io voglio tecnici a disposizione anche in estate. E diverso da Angelo: Soli era quello con le caratteristiche migliori. È un ragazzo che deve ancora fare una grande crescita, ma ne ha le capacità tecniche e mentali. È pieno di energia e di entusiasmo".

Torniamo a Modena: le manca?

"Sono da undici anni a Trento, oggi non mi manca. Ma quello che si vive a Modena non lo si vive in nessun’altra parte d’Italia e del mondo. Aver finito così la mia esperienza lì mi dispiace, perché credo di non aver fatto nulla di male per vedere interrompere il mio contratto così".

Quindi un rammarico c’è?

"Sì, non aver mai vinto a Modena. Il rammarico è quella gara 5 persa proprio qui a Trento con l’infortunio di Dennis, nel 2011".

Questione tifosi: ha visto che Modena è senza tifo ufficiale?

"È strano, mi dispiace. Anche se a Modena il palasport si riempie sempre, per il dna della città. Ci sono stati anni in cui entravi al PalaPanini e due set li avevi già persi prima di partire: ricordo con la Sisley, il ‘casino’ che c’era anche prima che uscissimo dallo spogliatoio. Mi auguro che si ricostruisca, anche se quello del pubblico è un tema nazionale".

Cioè?

"Abbiamo curve ‘vecchie’, pochi giovani coinvolti: noi domenica ad esempio faremo numeri bassi contro Modena. Stiamo pensando a promozioni".

Che ne pensa dell’abolizione del vincolo sportivo? La ‘sua’ Treviso ci ha scritto un manifesto?

"Io non lo farò. La riforma dello sport e quella del vincolo hanno appesantito il nostro mondo. Il problema è che con l’abolizione del vincolo i ragazzi non sono più tuoi e bisogna confrontarsi con questo. Non c’è più appartenenza, continuità nel lavoro. Ci aguravamo di crescere i nuovi Michieletto, Giannelli: quest’idea oggi non c’è più. Era lo spirito delle società che lavoravano col settore giovanile e non si rimpiazza con 3mila euro di ‘tassa’ alle famiglie. A 14 anni tesseri un giocatore e a 15 va dove vuole. Finiremo come il calcio, si firmeranno contratti lunghissimi anche ai quindicenni, ma a quell’età non si dovrebbe essere pagati per fare sport".

Alessandro Trebbi