OTTAVIA FIRMANI
Cronaca

Medaglia d’onore ai deportati. La chiesa di San Carlo gremita: "Il ricordo resta vivo con loro"

Alla cerimonia convocati i parenti di chi ha vissuto il dramma dei campi di concentramento . Il sindaco Mezzetti: "Ancora oggi vediamo fantasmi che pensavamo aver debellato per sempre".

Alla cerimonia convocati i parenti di chi ha vissuto il dramma dei campi di concentramento . Il sindaco Mezzetti: "Ancora oggi vediamo fantasmi che pensavamo aver debellato per sempre".

Alla cerimonia convocati i parenti di chi ha vissuto il dramma dei campi di concentramento . Il sindaco Mezzetti: "Ancora oggi vediamo fantasmi che pensavamo aver debellato per sempre".

"La memoria si concretizza grazie alle persone a cui consegniamo queste medaglie d’onore. Persone che ancora oggi testimoniano quanto possa essere malvagio l’animo umano ma anche quanto possa essere grande il cuore umano". Con voce rotta Vittorio Lugli, presidente della fondazione Collegio San Carlo Modena, si rivolge a studenti, autorità, professori, cittadini riuniti sotto alla falsacupola della chiesa di San Carlo per ricordare insieme la Giornata della Memoria. "Ci ritroviamo oggi – afferma il primo cittadino Massimo Mezzetti –, a 80 anni di distanza da quando le truppe entrarono dai cancelli di Auschwitz e scoprirono il baratro. La memoria è un lavoro che va fatto tutti i giorni senza monumentalizzarla o ingessarla. Lo dico ai ragazzi e alle ragazze presenti: non possiamo costruire il nostro futuro se non sappiamo da dove siamo venuti, quali sono stati i passaggi della storia che ci ha preceduto, anche quelli più drammatici, come la Shoah. Siamo chiamati a ricordare sempre perché il ricordo diventi una stella polare, una rotta da seguire per il futuro, un modo per evitare di ripetere gli errori già commessi. Oggi rivediamo fantasmi che pensavamo di aver cancellato: non è pensabile, non è possibile. Perdiamo più tempo a dividerci per sapere da che parte collocarci e meno a cercare di capire, di studiare, di comprendere l’altro. E così finiamo con l’attribuire a persone assolutamente innocenti, anzi vittime, colpe che non sono le loro. Le offese di questi giorni alla senatrice Liliana Segre sono totalmente inaccettabili".

Di fronte alle autorità, i parenti di cittadini italiani che hanno vissuto il dramma dei campi di concentramento, hanno ricevuto l’onorificenza della medaglia d’onore, un simbolo che sottolinea il coraggio, la forza, la tenacia di quelle storie. "In questa giornata – afferma con forza il Prefetto di Modena, Fabrizia Triolo – lo Stato italiano ricorda tutti coloro che sono stati ridotti in una condizione di deportazione e deprivazione della libertà, alcuni dei quali commemoriamo oggi con la consegna della medaglia d’onore: appartenenti alle forze armate italiane o persone che in un frangente della loro vita si trovarono al centro della storia. Cittadini italiani deportati e internati nel lager nazisti, tra il 1943 e il 1945, militari e civili. I quei drammatici e confusi giorni non mancò chi fu capace di fare scelte non scontate, di scegliere da che parte stare. Queste persone non cedettero all’opportunismo, alla comodità o all’indifferenza, ma piuttosto scelsero la responsabilità civile andando incontro a sofferenze e privazioni per non venire meno alla propria dignità personale. Tramite noi, riuniti in questa solenne giornata, la Repubblica italiana si inchinga davanti a Graziano Bazzani, Emidio Borri, Benvenuto Calza, Armando Foli, Derno Fontanini, Guerrino Rosi, Pellegrino Sassatelli e Renzo Solmi".

Sono figli, figlie e nipoti a presentarsi, a raccogliere la medaglia con inciso il nome di un padre, di un nonno, di uno zio, che ha vissuto la paura, la fame, il dolore dei lager. "Mio padre non ne parlava mai – confessa Marco Borri –. Il ricordo era troppo doloroso, anche molti anni dopo. Preferiva non condividere nulla, per scelto". "Mio padre, invece – dice Enrica Solmi –, aveva bisogno di raccontare, di condividere. Lo ha sempre fatto. Mi raccontava che, nei momenti di conclusione della guerra, le sue sorelle maggiori, che lo avevano cresciuto, avevano sempre sul fuoco un pentolino con il brodo. Questo perché attendevano il suo ritorno e volevano essere sempre pronte a preparare un piatto di tortellini in brodo per accoglierlo". Racconti di vite, di fatiche e sofferenze che si incastrano con aneddoti più leggeri, quasi dolci. "Mio padre – racconta Valter Calza – fu deportato mentre era lontano da Modena. Noi non l’avremmo mai saputo se lui non lo avesse scritto su un biglietto che poi gettò dal finestrino del treno passando per Modena. Un parroco di zona lo raccolse e ce lo portò. Solo così abbiamo potuto cercarlo".