ALBERTO GRECO
Cronaca

Maxi frana, il professor Corsini: “Serviranno settimane perché la colata si arresti”

Boccassuolo, l’ordinario di Geologia Applicata è sul posto assieme ai tecnici. “L’evoluzione è continua: è probabile che estensione e volume aumenteranno. Le cause? La pressione delle acque sotterranee per l’infiltrazione delle piogge”

Il drone in dotazione del Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche

Il drone in dotazione del Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche

Modena, 21 aprile 2025 – Sulla frana che incombe su Boccassuolo di Palagano sono stati chiamati a supporto gli esperti dell’università di Modena e Reggio Emilia, segnatamente il gruppo di ricercatori che si raccoglie attorno al professor Alessandro Corsini, ordinario di Geologia Applicata preso il Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche. Sicuramente una delle maggiori autorità in materia, non solo in ambito nazionale.

Professore, che situazione ha trovato a Boccassuolo?

“Una situazione tipica della riattivazione di grandi frane per scorrimento e colata di terra, da sempre fenomeni comuni nel nostro territorio. Ce lo ricordano i numerosi toponimi di ’Lezza’ o ’Lama’. L’entità del movimento in atto è simile a quella che si deduce dalla descrizione dell’evento che ha interessato la stessa area nel 1707, di cui si ha documentazione nell’Archivio Movimenti franosi storicamente documentati del Servizio geologico della Regione”.

Si aspettava un movimento franoso di queste dimensioni?

“Frane di questo tipo sono abbastanza tipiche del nostro territorio. Basti ricordare le frane dei Boschi di Valoria, Tolara e Lezza Nuova nei comuni di Frassinoro e Montefiorino, che hanno avuto, anche nel recente passato, evoluzioni simili a quello che osserviamo oggi a Boccassuolo. Ricordiamo, inoltre, che l’intera zona risulta ’Area da consolidare’ già dal 1950 in virtù della sua alta propensione al dissesto”.

Quali sono la dimensione e i volumi?

“Al momento la parte riattivata della frana si estende su circa 25 ettari, per un volume stimabile in oltre 2.5 milioni di metri cubi. Ma, l’evoluzione continua ed è verosimile che nei prossimi giorni l’estensione ed i volumi aumenteranno. I rilievi, che stiamo realizzando tramite sistemi laser trasportati da drone, hanno l’obiettivo di consentire una più precisa mappatura del fenomeno. Sono tecniche che, come gruppo di ricerca in Geologia Applicata, stiamo utilizzando anche per il monitoraggio di altri fenomeni del territorio regionale”. Le analisi che state conducendo cosa vi fanno concludere? Sarà ancora arrestabile?

“Queste frane si arrestano quando si determinano le condizioni idrogeologiche e morfologiche per un nuovo equilibrio del corpo di frana. Il fatto è che, quando le masse in gioco sono così ingenti, ciò può richiedere diverse settimane. E tale equilibrio è poi, nei mesi e negli anni successivi, precario”.

Sarà sicuro abitare nelle vicinanze?

“A questa domanda si dovrà rispondere quando l’evoluzione del fenomeno si sarà arrestata e sarà possibile realizzare studi geologici sito specifici e installare adeguati strumenti di monitoraggio. I tecnici dell’Agenzia per la Sicurezza territoriale e la Protezione Civile, a cui stiamo dando supporto, hanno grande esperienza e sapranno fare le valutazioni utili all’aggiornamento degli scenari di rischio da condividere con Regione ed Autorità di distretto”.

Cosa si può fare per mettere in sicurezza questo territorio? “Bisogna intervenire dove è indispensabile, ma al contempo è fondamentale ridurre l’esposizione al rischio anche tramite un aggiornamento degli strumenti di pianificazione. Per queste attività, il ruolo dei geologi è fondamentale”.

Quali le cause della frequenza sempre più ricorrente di questi fenomeni franosi che investono le aree appenniniche?

“Le cause predisponenti sono geologiche e morfologiche, ma la causa innescante è essenzialmente l’aumento di pressione delle acque sotterranee, dovuta all’infiltrazione delle piogge e allo scioglimento della neve nel corso di diverse settimane o mesi. Tale meccanismo si lega anche alla questione della ipotizzata loro maggiore frequenza. Infatti, mentre per frane più superficiali e rapide è fondato ritenere che, oggigiorno, avvengano con maggiore frequenza per l’aumento di piogge brevi ed intense, non è possibile dire altrettanto per queste grandi frane di scorrimento-colata di terra, che dipendono da piogge cumulate su lunghi periodi e che, in passato, sono più volte accaduti”.