"Poco prima che suonasse la campanella di fine turno mi hanno detto che il giorno dopo non avrei dovuto lavorare. I turni si decidono da un giorno all’altro, siamo dei lavoratori a chiamata…". Tanta rabbia ieri mattina al presidio organizzato dalla Fiom Cgil in concomitanza con l’arrivo in città dell’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares davanti alla sede della Maserati di via Menotti. una cinquantina di dipendenti del reparto produzione: l’adesione allo sciopero di quattro ore è stata parziale per scelte personali, ma anche per motivi sindacali visto che le altre sigle (Fim e Uilm su tutte) hanno preferito attendere cosa avesse da dire il ceo prima assumere decisioni.
La Fiom ha scelto invece di scaldare la mattinata in vista dell’incontro faccia a faccia tra le rsa e l’ad avvenuto nel pomeriggio. Dal quale però non sono emerse particolari novità. "Non sono arrivate risposte certe – riferiscono Samuele Lodi e Stefania Ferrari della Fiom Cgil –. A differenza da quanto già comunicato in precedenza riguardo all’inizio a metà 2025 della produzione della MC25 elettrica, non si è parlato di modelli elettrici, né di altri nuovi modelli in arrivo allo stabilimento di Modena". Il sindacato informa di un tavolo al Ministero per il 14, nel quale chiederà al governo "di ripristinare il fondo Automotive tagliato dell’80 per cento. La questione deve essere portata a Palazzo Chigi con l’apertura di un confronto con la presidente del Consiglio Meloni, l’ad Tavares e le organizzazioni sindacali".
L’rsa Fiom Beppe Violante ieri ha parlato del 2024 "come l’anno peggiore di sempre: la produzione è precipitata del 75 per cento, da gennaio si lavora ormai 4-5 giorni al mese, con conseguenza perdita salariale di 500-600 euro al mese e il 2025 non promette nulla di buono. Siamo di fronte a una crisi di mercato che non è una crisi economica, si riversa solo sui lavoratori mentre i manager percepiscono compensi stellari".
Malumore tra gli operai, tra loro c’è anche chi lavora da circa 20 anni. Nel reparto produzione le donne sono una decina: "In media, se consideriamo zero ore lavorate, da 1.700 euro al mese si scende a 1.200 circa. Questa situazione è cominciata già da dicembre dell’anno scorso, una cassa mascherata da ferie anticipate. A pesare è l’incertezza continua. Ci chiamano e da un giorno all’altro ci dicono che il giorno dopo non dobbiamo venire. Siamo praticamente dei lavoratori a chiamata. Non riusciamo a fare nessun progetto nella vita, ma anche banalmente programmare un appuntamento per una visita o una commissione importante: perché non sai se domani sei di turno".
Ma il vero timore è il futuro. "È tutto un punto interrogativo, anche perché nel caso non sapremmo dove andare. Per l’età che abbiamo non è facile trovare un nuovo lavoro".
Gianpaolo Annese