JACOPO GOZZI
Cronaca

Marcia per la Pace, sfilano in 3mila: "L’indifferenza alimenta le guerre"

La prima iniziativa del genere in città. Gli interventi di Mezzetti, del vescovo Castellucci e don Mattia Ferrari

La prima iniziativa del genere in città. Gli interventi di Mezzetti, del vescovo Castellucci e don Mattia Ferrari

La prima iniziativa del genere in città. Gli interventi di Mezzetti, del vescovo Castellucci e don Mattia Ferrari

Modena, 2 gennaio 2024 – Iniziare il 2025 con un messaggio di pace: è questa l’intenzione di ‘Fuori la Guerra dalla storia’ la prima Marcia della Pace realizzata a Modena. Promossa dal Tavolo Associazioni Modena di Pace, la manifestazione ha visto un corteo di quasi 3mila persone sfilare ieri pomeriggio per le vie del centro storico.

Partito da Piazza Grande, il corteo ha attraversato diversi luoghi simbolici della città: via dei Servi, sede del Centro Papa Francesco, l’Università di Modena, che fa parte della Rete delle Università Italiane per la Pace, il Palazzo del Principe Foresto, l’Accademia Militare e la Sinagoga. Infine, dopo il passaggio in via Sant’Eufemia, dove un tempo sorgeva il complesso carcerario, il rientro in Piazza Grande per la conclusione della manifestazione.

"Il mio auspicio – ha dichiarato il sindaco di Modena, Massimo Mezzetti – è che nelle prossime ore possiamo assistere alla liberazione di Cecilia Sala, arrestata in Iran senza un giustificato motivo. Inoltre, spero che nel 2025 possano affermarsi i diritti delle donne in tutto il mondo, e mentre lo dico, ho in mente la situazione dell’Afghanistan, dove alle donne è stato addirittura proibito di guardare fuori dalla finestra".

Il primo cittadino di Modena ha ricordato come, di fronte a un mondo martoriato dai conflitti, la giustizia sociale sia il primo passo per poter parlare di pace. "Secondo un detto famoso – le parole di Massimo Mezzetti – ‘la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi’. Oggi, in un momento storico in cui nel mondo si registrano 56 conflitti, è importante affermare come la guerra non sia la continuazione, bensì il fallimento della politica. Fino a quando proseguiremo con un’idea di sviluppo che divarica sempre più le differenze sociali e le ricchezze, non potremo mai conseguire la pace, mentre soltanto lavorando per una società più giusta possiamo sperare di farlo".

L’arcivescovo di Modena e Nonantola, Erio Castellucci, ha ribadito l’importanza di costruire la pace in ogni ambito. "Papa Francesco – ha spiegato Castellucci – declina la frase ’Rimetti i nostri debiti’ del Padre Nostro in tre modi. La prima declinazione riguarda l’eliminazione dei risentimenti e dei malumori dall’animo, a partire dal linguaggio; la seconda è intesa in senso sociale, rilanciando la campagna per la remissione o la riduzione del debito estero dei Paesi poveri: spesso, infatti, questi debiti sono stati contratti per acquistare armi dai Paesi ricchi. La terza declinazione, infine, riguarda il debito ecologico, un debito nei confronti della terra, di cui fanno quasi sempre le spese coloro che vivono nei Paesi più poveri".

Molto atteso anche l’intervento di Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, che ha legato il tema della pace all’accoglienza dei bisognosi. "Respingere i poveri – denuncia Ferrari – significa respingere la pace. Oggi non riusciamo a costruire la pace perché abbiamo fatto diventare sistematica la pratica dei respingimenti".

Nel suo intervento, Ferrari ha citato la storia di Mahmoud, un ragazzo nato nel 1999 in Darfur e morto in mare il 9 febbraio 2024. "Nel suo ultimo post su Facebook datato 31 gennaio 2024 – ha ricordato Ferrari – Mahmoud si chiedeva come possiamo costruire la pace se non la comprendiamo. Questo è l’appello all’Europa di un ragazzo cresciuto nella guerra e nell’emergenza climatica: finché restiamo nell’indifferenza, non riusciremo a costruire la pace". Fausto Gianelli, dell’Associazione Europea Avvocati per la Democrazia e i Diritti Umani, ha sottolineato come la pace sia responsabilità della coscienza individuale di ogni cittadino. "In Delitto e castigo – la conclusione di Gianelli – Dostoevskij afferma che l’uomo è un vigliacco perché magari piange un po’, ma poi si abitua a tutto. Oggi, invece, dobbiamo continuare a indignarci per non abituarci alla violenza che ci circonda e promuovere veramente la pace".