VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Mamma e figlia ammazzate. Chiesto l’ergastolo per Montefusco: "Sparò senza pietà"

Il pm Di Giorgio, oltre alla pena massima, indica l’isolamento per 3 anni. In aula ricostruita la strage di Cavazzona, premeditata per ragioni economiche. I parenti delle vittime contro l’imprenditore: "Non ha mai chiesto scusa"

La casa del delitto

La casa del delitto

Castelfranco, 12 settembre 2024 – Ergastolo e tre anni di isolamento diurno. Ha chiesto la massima pena, ieri, il pm Giuseppe Di Giorgio nell’ambito del processo davanti alla Corte D’Assise, presieduta dalla dottoressa Ester Russo, nei confronti dell’imprenditore 70enne Salvatore Montefusco, accusato del duplice omicidio, il 13 giugno del 2022 a Cavazzona di Castelfranco, della moglie di origini rumene Gabriela Trandafir, 47 anni e della figlia di lei, la 22enne Renata. Mamma e figlia furono uccise il giorno prima che si celebrasse l’udienza per la separazione. Con iraconda lucidità Montefusco aveva in precedenza descritto in aula gli agghiaccianti momenti dell’efferato delitto, senza mai chiedere scusa. Ieri la pubblica accusa, nella persona del pm Di Giorgio ha ripercorso tutte le fasi dell’omicidio chiedendo due ergastoli: uno per la moglie dell’imputato ed uno per Renata. Chiesti anche tre anni di isolamento diurno. Questo in ragione dei concomitanti reati contestati, come ricettazione, illecita detenzione dell’arma e maltrattamenti considerati come circostanza aggravante dei due omicidi, oltre a quella della premeditazione e della crudeltà. Premeditazione – ha sottolineato – nei confronti di entrambe le vittime oltre all’aggravante, nei confronti della moglie, del rapporto coniugale.

Ieri il pubblico ministero ha sottolineato come si sia trattato di un reato premeditato appunto, dettato da ragioni di rabbia e di carattere economico, soprattutto: i due moventi principali secondo il pm. Per poter essere certo di escludere la famiglia di origine della moglie dalla successione, l’imputato ha ucciso prima la figlia Renata, che era titolare del 50 per cento della nuda proprietà dell’immobile di Castelfranco, e poi la madre e non viceversa. Il pm ha indicato una serie di elementi a sostegno della premeditazione: l’accensione di un conto corrente con delega alla figlia per operare, avvenuto il 7 giugno, sei giorni prima del duplice omicidio.

L’accusa ha poi fatto presente come Montefusco, il giorno precedente il delitto si fosse appostato per ore nella macchina in giardino – come dimostra l’analisi delle celle – attendendo l’arrivo delle vittime. Il massacro sarebbe però stato posticipato l’indomani poiché quella notte la ragazza era rientrata tardi. Ieri hanno quindi preso la parola tutte le parti civili, con gli avvocati della famiglia delle vittime Cristiana Polesel e Gianmaria dalle Crode del Foro di Treviso. "Abbiamo cercato di evidenziare alcuni elementi che riteniamo rilevanti come il fatto, ad esempio, che la condotta di Montefusco non meriti la concessione delle attenuanti generiche non avendo dimostrato alcuna pietà per le vittime nell’immediatezza del fatto ma neppure successivamente. Sottoposto all’esame della corte, non vi è stata neppure una parola che esprimesse pietà e neppure pentimento. Con questa ragazza aveva vissuto 20 anni – sottolineano – . Le sue condotte erano maltrattanti, al fine di soggiogarle: ha impedito di fatto, facendo mancare loro i mezzi di sussistenza, che Renata potesse proseguire gli studi universitari. Hanno venduto ciò che avevano per sopravvivere: una condotta maltrattante sotto molti profili oltre alle minacce continue. Il pm Di Giorgio ha sottolineato di essere rimasto colpito dalla modalità di esecuzione, che ricorda gli omicidi di stampo mafioso – continuano i legali – . Un colpo ravvicinato per quanto riguarda Renata e Gabriela poi, finita con un colpo al cuore e questo la dice lunga sul fatto che volesse fare un’azione dimostrativa".

Alla prossima udienza parlerà il difensore dell’imputato mentre la sentenza è attesa per ottobre.