Modena, 29 febbraio 2024 – Nessun segno di pentimento, ma una rabbia – che continua a covare – nei confronti delle due vittime: "Mi umiliavano". In tribunale le ha offese e denigrate per ore spiegando cosa lo ha spinto a commettere il duplice delitto maturato in un clima di tensioni famigliari.
Ieri, davanti al collegio presieduto dalla dottoressa Ester Russo, l’imprenditore 70enne Salvatore Montefusco ha ripercorso con freddezza i momenti in cui ha ucciso a fucilate, il 13 giugno del 2022, la moglie di origini rumene Gabriela Trandafir, 47enne, e la figlia di lei, la 22enne Renata, nella loro abitazione a Cavazzona di Castelfranco, il giorno prima che si celebrasse l’udienza per la separazione.
Con lucidità Montefusco ha descritto gli agghiaccianti istanti dell’efferato delitto, senza mai chiedere scusa, nonostante alle sue spalle e in lacrime sedessero i parenti delle vittime.
"Quella mattina ero a casa, c’era anche mio figlio (scampato allla furia omicida, ndr) – ha raccontato Montefusco –. Ero fuori con il cane. L’arma era nei ’casotti’, accanto alla gabbia del cane, sopra alla rastrelliera. Era lì da due o tre mesi e mia moglie lo sapeva" ha risposto al pm Di Giorgio sostenendo di non aver modificato lui l’arma in questione e di non esserne il proprietario. "Le armi che ho usato nel passato erano perfette, di lusso. L’arma del delitto non è roba mia. Il 13 giugno 2022 ho caricato il fucile e basta" ha affermato.
Dunque quel giorno stava lavorando in giardino e non sapeva dove fossero Gabriela e Renata. ’Quando ha deciso di sparare?’ ha incalzato il pm Di Giorgio. "Quando mia figlia è arrivata a casa – prosegue l’imputato – io ero fuori vicino al cancello. Stavo parlando con l’avvocato: ho visto arrivare l’auto e sono andato a mettere via gli attrezzi. La cagnolina piccola è corsa da Renata e lei, mia figlia, ha iniziato ad offendermi. ’Adesso te ne vai da questa casa’ mi ha detto e io non ci ho visto più. Sono andato nel casotto, ho preso il fucile e le ho detto: di chi è la casa? Quando si è resa conto che avevo il fucile è scappata. Ho caricato il fucile e ho messo le cartucce in tasca. Ho sparato senza mirare uno, due colpi. Quando mi è passata davanti mia moglie ho sparato ma non miravo. Se volevo ucciderla in due colpi la ammazzavo, ma ho sparato all’impazzata senza mirare".
La giovane Renata è stata ammazzata mentre tentava di scavalcare la recinzione. Gabriela, invece, aveva cercato rifugio in casa. L’imputato ha spiegato di aver aperto la porta, di aver trovato il figlio con il telefono in mano e la madre alle spalle. "Avevo intuito che mio figlio stava chiamando i carabinieri e gli ho detto: ’Togliti da davanti o ammazzo anche te’. Ho alzato il fucile; Gabriela aveva le mani davanti e mi è partita la fucilata. Mio figlio è sparito dalla mia vista. Lei si è accasciata, l’ho appoggiata sul letto ed è partita un’altra fucilata ma molte cose non le ricordo".
Montefusco ha chiamato poi il proprio legale e si è recato al bar. "Una signora mi ha chiesto cosa fosse successo – ha continuato – le ho detto: ‘Niente, ho ammazzato mia moglie e mia figlia’". Il 70enne si è poi soffermato sulla questione economica, movente del terrificante delitto. "Avevo dato loro tutto, non le avevo mai sfiorate – ha aggiunto –. Una casa da 700mila euro e loro non hanno mai lavorato. Quando ho cominciato a non dare loro più soldi, mi hanno aggredito. Mi davano sempre addosso. Non mi facevano nemmeno lavare in casa. Mi hanno rubato tutto ed io a loro non avevo fatto mancare nulla. Renata aveva la casa intestata, i miei figli no. Volevo bene a Gabriela ma loro non lo meritavano".