Astensione record, con 69.332 cittadini che non si sono recati alle urne. Si tratta del 49,8% degli aventi diritto, circa 17 mila in più rispetto alle amministrative di giugno. Un numero che getta un’ombra sui risultati elettorali dei partiti, troppo ’innamorati’ delle percentuali e poco dei numeri assoluti.
É il succo dell’interessante analisi post voto su Modena città di Claudio Gorrieri, sempre elettore del Pd, solo alle ultime amministrative in lista con Azione. "L’astensione è ormai da tempo il ’primo partito’ della città – riflette Gorrieri –. Nel confronto tra le amministrative di giugno e le Regionali emerge un calo significativo di votanti per entrambe le principali coalizioni: la riduzione è stata del 12% per De Pascale e del 9% per Ugolini. Tuttavia, all’interno delle rispettive alleanze alcune liste hanno registrato performance divergenti".
La coalizione di De Pascale con 44.189 voti totali "si conferma vincente, ma non senza perdite. Al Partito democratico, la principale forza, mancano all’appello 2.613 voti rispetto a giugno, pari all’8%". Analogamente Alleanza Verdi e Sinistra "ha registrato un calo del 15% con 870 voti in meno". Più drastici i crolli del Movimento 5 Stelle (-58%) e di Azione (-52%). "La nuova lista civica De Pascale, pur portando 3.353 voti, non è riuscita a compensare del tutto l’assenza di liste minori presenti a giugno". All’interno del centrosinistra, il Pd domina con il 73% dei voti, seguito da Avs (11%) e dalla lista civica De Pascale (8%). Movimento 5 Stelle e Azione chiudono rispettivamente con il 5% e il 2%.
Anche sul fronte opposto, la coalizione Ugolini, "i numeri non sono confortanti. Con 20.686 voti complessivi ha subito perdite significative: Fratelli d’Italia ha smarrito per strada 849 voti (-6%), Forza Italia 674 (-20%) e la Lega 39 (-2%). La lista civica di Ugolini non si ritrova 1.256 voti, segnando un calo del 3%". Fratelli d’Italia si conferma il partito di maggioranza relativa con il 62% dei voti della coalizione, mentre Forza Italia, Lega e la lista civica di Ugolini si attestano ciascuna tra il 12% e il 13%.
L’analisi mostra, come si diceva all’inizio, un fenomeno paradossale: "Nonostante il calo nei voti assoluti alcune percentuali sono cresciute. È il caso del Pd, che raggiunge quasi il 49% nelle regionali, un dato che potrebbe sembrare straordinario. Tuttavia, questa crescita percentuale non riflette un aumento del consenso, ma è piuttosto un effetto della riduzione dei votanti". Confrontando i numeri, i voti del Pd sono passati dai 34mila delle amministrative di giugno ai 32mila di novembre, una diminuzione di 2mila unità. "Eppure, grazie all’aumento degli astenuti, la percentuale del partito è cresciuta. Questo ’successo’ apparente nasconde una realtà complessa: i voti assoluti del Pd rappresentano appena il 23% degli oltre 141mila aventi diritto e meno della metà dei quasi 72mila astenuti".
Gorrieri rileva come "il rapporto tra votanti e astenuti suggerisce che l’astensione non sia solo una questione di disinteresse, ma anche un segnale di disaffezione verso l’attuale offerta politica. Il Pd, forse, dovrebbe meno occuparsi delle dinamiche interne, ad esempio, non concentrando le campagne elettorali sulla propaganda per le preferenze dei diversi candidati. In sostanza, chi ha perso, in genere, si sottopone si interroga sul perché e cosa fare, in questo caso dovrebbe forse farlo anche chi ha vinto".