
Il 2 aprile del 2017 il Pontefice venne a Carpi dove celebrò una Messa in Duomo, poi si spostò e Mirandola. La sua omelia: "Con l’aiuto di Dio avete sollevato le macerie ricostruendo con paziente speranza".
"C’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C’è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l’aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza". Dalla piazza di Carpi, di fronte al meraviglioso Duomo rinato dalle ferite del terremoto di cinque anni prima, domenica 2 aprile 2017 Papa Francesco venne a portare un abbraccio, una parola di dolcezza, un invito a non cedere alla stanchezza. La visita del Pontefice, annunciata a sorpresa appena un mese prima, fu un grande dono per l’Emilia che stava cercando faticosamente di rialzarsi dal dramma del sisma: in quella domenica di primavera, Papa Francesco trascorse quasi otto ore nel Modenese, accolto da almeno 70mila persone. Una giornata indimenticabile.
Il 20 febbraio in Vaticano Papa Francesco aveva incontrato monsignor Francesco Cavina, allora vescovo di Carpi, e gli aveva annunciato il desiderio di venire a Carpi per portare un segno di vicinanza all’Emilia che nel 2012 era stata colpita dal terremoto. Già nel giugno 2012, a pochi giorni dal sisma, Papa Benedetto XVI era arrivato a Rovereto di Novi, per una breve, intensa e commovente visita. Francesco scelse Carpi come prima tappa: qui, appena due settimane prima, era stato riaperto il Duomo, un gioiello di architettura (con lo stesso ‘impianto’ della basilica di San Pietro) restaurato in tutto il suo splendore. La visita del Papa fu un ulteriore segno di gioia e di rinascita.
Nell’omelia della Messa celebrata in piazza Martiri, Papa Francesco invitò a guardare oltre lo sconforto, oltre la desolazione: "Gesù ci offre l’esempio di come comportarci – disse –. Non fugge la sofferenza, che appartiene a questa vita, ma non si fa imprigionare dal pessimismo". Come nel suo stile, il Pontefice volle un contatto diretto con tanti fedeli: salutò i tanti disabili venuti a pregare con lui, benedisse una mamma in attesa, e fece perfino fermare la Papamobile per intrattenersi con un gruppetto di cresimandi di Correggio. Si fermò quindi a pranzo in seminario (con tortellini in brodo e quattro tortelli dolci al ‘savor’), e al suo fianco era seduto il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna, che proprio pochi mesi prima aveva espresso dubbi riguardanti alcune ‘aperture’ del Papa sui temi della famiglia. Il loro incontro a Carpi fu visto come un segno di ritrovata concordia. Papa Francesco incontrò sacerdoti, religiosi e religiose e, dopo una breve pausa, nel primo pomeriggio partì per Mirandola.
Entrò nel Duomo, allora ancora chiuso e semidiroccato (oggi è stato ristrutturato e riaperto), posò un mazzo di fiori sull’altare, pregò per le vittime del sisma. E sul sagrato della chiesa, pronunciò il suo discorso più toccante: "So bene quanto il terremoto abbia compromesso il patrimonio urbano e culturale di questa vostra terra. Penso ai disagi che avete subito: le ferite alle case, alle attività produttive, alle chiese e agli altri monumenti. Ma penso soprattutto alle ferite interiori: la sofferenza di chi ha perso i suoi cari e di chi ha visto disperdersi i sacrifici di una vita intera (…) Le ferite sono state guarite, ma rimangono e rimarranno per tutta la vita le cicatrici. E guardando quelle cicatrici, voi abbiate il coraggio di crescere e di far crescere i vostri figli in quella dignità, in quella fortezza, in quello spirito di speranza, in quel coraggio che voi avete avuto nel momento delle ferite. Il mio augurio è che non vengano mai meno la forza d’animo, la speranza e le doti di laboriosità che vi distinguono. Rimanga saldo il vostro intento di non cadere allo scoraggiamento dinanzi alle difficoltà che ancora permangono". E concluse poi il suo discorso, ringraziando tutti "per l’esempio che avete dato a tutta l’umanità, l’esempio di coraggio, di andare avanti, di dignità".
Prima di risalire sull’elicottero che lo avrebbe riportato verso il Vaticano, Papa Francesco fece un’ultima sosta a San Giacomo Roncole, davanti alla stele in memoria di tutti coloro che il terremoto ha strappato ai loro affetti. E qui incontrò i Rulli Frulli, la band di Finale Emilia (composta anche da ragazzi diversamente abili) che rappresenta un luminoso esempio di inclusione. Quella storica giornata fu vissuta da tutti come una carezza affettuosa, un gesto di particolare vicinanza e di ‘presenza’ da parte del Papa che, ancora una volta, seppe parlare alla gente e farsi prossimo. Invitando a ripartire con forza, con coraggio, con speranza. Tutti quei sentimenti che oggi dobbiamo custodire come sua eredità.