STEFANO MARCHETTI
Cronaca

La mostra Se la natura morta racconta la vita

’L’incanto del vero’, alla galleria di via Scudari esposte venticinque gemme fra Seicento e Settecento: "Dipinti pieni di umanità"

La mostra Se la natura morta racconta la vita

Le chiamano ‘nature morte’... "Ma in questi dipinti, in realtà, si leggono tanta vita, tanta umanità, tante storie", esordisce la storica dell’arte Lucia Peruzzi, curatrice de ’L’incanto del vero’, la mostra che da oggi al 30 giugno, presso la Galleria Bper Banca di via Scudari, ci accompagna a scoprire ’Frammenti di quotidiano nella natura morta fra Sei e Settecento’. Più di venticinque opere, anche da raccolte private e di istituzioni pubbliche, ci dimostrano come perfino un vaso di fiori, un canestro di frutta o un tripudio di carni e di verdure possano riflettere lo spirito del tempo e la dimensione sociale. "Già, perché ogni oggetto, dalle raffigurazioni floreali agli interni delle dispense e alle tavole imbandite, esce dalla sua dimensione puramente estetica e decorativa per acquisire un valore simbolico", aggiunge la professoressa Peruzzi.

Il fiore che la ’Madonna della rosa’ di Michele Desubleo stringe nella mano è simbolo della purezza della Vergine, così come la passiflora che le porge il Bambino diventa emblema della sua Passione. Mentre le ghirlande che incorniciano il volto di due fanciulli, in altrettanti dipinti di Monsù Aurora, conferiscono loro una valenza spirituale. La natura morta può essere aristocratica e nobile (come in uno splendido dipinto di Pier Francesco Cittadini concesso dalla Civica Pinacoteca di Cento), e allo stesso modo può inquadrarsi in un contesto rustico, realistico e anche contadino, come nelle composizioni di pesce, cacciagione e sporte di cannarella del cosiddetto"Maestro di Rodolfo Lodi". Ci sono mercati, dispense e cucine, la sontuosa cornucopia di ricchezze della "Natura morta con figure" del fiammingo Adriaen van Utrecht e l’ "Interno di cucina" di Giovanni Battista Recco. Ci sono pavoni, cibo prelibato, spigole e aragoste, un tacchino spennato, pronto per essere cotto in una lucente pentola di rame, e un leprotto che pure andrà a deliziare qualche palato. "E se la natura morta romana è ridondante, quella emiliana esprime la profondità dei sentimenti", dice ancora la curatrice.

In un ideale dialogo fra tele e pagine, vari documenti provenienti dall’Archivio di Stato di Modena e dall’archivio privato della famiglia Rangoni Machiavelli ci rivelano quanto il cibo, la tavola e la dispensa fossero fondamentali anche nelle relazioni sociali. "Nel Registro della ‘Grassa’ del 1676, per esempio, sono annotate le provviste alimentari della corte ducale non immediatamente deperibili, come formaggi, pesce, carne sotto sale, olio e beni di uso domestico come le candele", spiega la dottoressa Chiara Pulini. Leggiamo la ricetta delle ‘bracciatelle’, dolci ciambelle raffigurate anche in vari dipinti, e vediamo come l’attenzione verso il cibo fosse minuziosa, perfino nei dettagli. "Anche sulle tavole delle famiglie più abbienti non si sprecava nulla, neppure un’acciuga", sottolineano le curatrici. Collegando passato e presente, la mostra vuole quindi stimolare anche una riflessione critica sul nostro rapporto con gli alimenti e in senso più ampio con l’ambiente: verranno perciò organizzati laboratori didattici e vari appuntamenti per sensibilizzare anche i più giovani al rispetto per quanto la natura ci offre. Ricordando che la natura – appunto – non è morta, ma porta sempre in sé nuova vita.