Geograficamente lontano, ma umanamente vicino. Il conflitto israelo-palestinese, riesploso dopo l’attacco a sorpresa dei fondamentalisti islamici di Hamas, ci tocca tutti. La violenza, i sequestri di civili, le centinaia di innocenti uccisi, la paura. La paura anche della comunità ebraica di Modena e di chi, come Feras Garabawy, in Israele ha tutta la famiglia. Il 34enne mediatore per l’ospedale Sheba Medical Center a Tel Aviv, vive a Modena ormai da 13 anni ed è in attesa di cittadinanza. Ma sul fronte caldo di quella che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha subito definito una "guerra", ci sono i suoi parenti e gli amici più cari. "Ho tutta la famiglia in Israele, genitori, quattro fratelli e due sorelle.
Per fortuna stanno tutti bene, uno di miei fratelli – spiega – fa parte dell’esercito mentre un altro è un vigile del fuoco.
Stanno vivendo un momento molto difficile e triste". Il più difficile, sottolinea. "Anche se la guerra non si è mai fermata, un episodio di questa portata è raro". Uno scenario inimmaginabile, che nessuno aveva previsto.
"Tutta Israele – riferisce Feras Garabawy – è attualmente bloccata e la gente sta vivendo un momento di totale panico.
I residenti nelle zone di Tel Aviv stanno cercando i loro cari visto che ci sono stati tanti morti e rapimenti".
Il suo racconto rimanda alle terribili immagini che scorrono senza sosta sui telegiornali.
"E’ un clima molto teso e non è c’è mai stata una paura così".
Un attacco su larga scala che risveglia incubi mai del tutto cancellati. "È un passato che si ripete – riflette il mediatore –, si rappresenta sempre in modi diversi, ma la paura è sempre più grande, il senso di sicurezza è sempre più fragile.
La gente si è svegliata sabato (giorno di festa) e si è trovata in un film (realtà) dell’orrore".
E la situazione, purtroppo, è destinata a peggiorare.
"Ci aspettiamo giorni ancora più bui – dice il 34enne – con molta incertezza. I voli sono cancellati e il Paese è paralizzato. Uno dei miei fratelli era arrivato in Italia per lavoro, in occasione del Cersaie. Sarebbe dovuto rientrare in Israele ma tutti i voli sono stati bloccati. Ma almeno qui si sente al sicuro, noi siamo quelli fortunati".
"Questi attacchi – spiega il 34enne che conosce bene le radici del conflitto – sono solo dei manifesti di una malattia mai curata, come una febbre che si ripresenta, quella malattia è l’odio. L’odio tra la gente, che è difficile da curare".
L’odio che si contrappone alla solidarietà che Feras Garabawy sta ricevendo a Modena. "Ringrazio tutte le persone che mi hanno contattato per la solidarietà mostrata. La mia famiglia in Israele attualmente è al sicuro.
I miei amici più cari, per quanto ne so, sono al sicuro.
Non è chiaro cosa succederà nelle prossime settimanemesi.
Quello che è certo è che nessuno pagherà un prezzo più alto di quello che hanno pagato i civili di entrambe le parti.
Questo è un duro promemoria del fatto che non esiste sicurezza migliore della pace.
Ora può essere difficile immaginarla, ma la pace – questo il messaggio del 34enne – è il risultato per cui dobbiamo continuare ad impegnarci".
E lui lo fa già in prima persona: "Da sempre sono impegnato nel sociale attraverso opere di beneficenza e volontariato: sono stato collaboratore in associazioni benefiche, ho preso parte a missioni umanitarie in Siria, in Turchia e mi sono sempre dato da fare per aiutare e prendermi cura dei più bisognosi".