Modena, 26 novembre 2024 – È passato quasi un mese da quell’aggressione. Un’aggressione che Maurizio Alaimo, e il collega Vincenzo Giambruno, hanno ancora impressa nella loro mente: lo scorso 28 ottobre, infatti, i due giovani sono stati messi all’angolo e violentemente pestati dai familiari di una paziente ricoverata nel reparto di cardiologia a Baggiovara, dove entrambi lavorano come infermieri.
Sono passati giorni, settimane, ma nonostante lo scorrere del tempo, il pensiero di quell’incubo non sembra affatto svanito. Al contrario, bussa ancora alla porta della mente e riecheggia nella loro memoria. “Allo stesso tempo però – conferma Maurizio – non è svanita nemmeno la determinazione. La determinazione nel voler portare avanti una battaglia contro le violenze sui sanitari, che non meritano di andare al lavoro con la paura che possa succedere qualcosa di terribile, di essere picchiati, come successo a noi”. Proprio per questo, pochi giorni dopo l’aggressione, i due sanitari avevano raccontato alla stampa il pestaggio subito, con ancora i segni della violenza sul volto, per dare un segnale e, insieme, “dire basta alle aggressioni sul personale sanitario”.
“Di questi tempi – continua l’infermiere – bisognerebbe parlarne tutte le settimane, tutti i giorni. Perché oggi è sempre più necessario continuare a mantenere alta l’attenzione sul tema. La violenza è da condannare, sempre, in ogni sua forma”.
I due professionisti colpiti sono stati seguiti dalla Cisl Fp, che ha fornito loro anche l’assistenza legale.
“Quattro settimane dopo l’accaduto, posso dire di star meglio, ma questo mese nel suo complesso è stato molto duro. Rivivo tuttora in testa quell’aggressione e, dall’altra parte, mi affligge pensare alle lunghe tempistiche giuridiche che ci aspettano prima di avere risposte e giustizia”. Nel frattempo, per superare la brutta esperienza che i due giovani sanitari hanno vissuto, “stiamo affrontando un importante percorso con lo psicologo. Con molto cautela stiamo lavorando per tornare in reparto al pieno delle nostre forze, senza essere più condizionati da quello che abbiamo subito – riferisce Alaimo –. Non siamo ancora tornati in ospedale e il reintegro lavorativo sarà graduale, così da riuscire a farlo nel migliore dei modi. Se mi manca il mio lavoro? Certo, perché amo questo mestiere profondamente, con tutto me stesso. Mi manca però il lavoro come lo intendevo prima, perché ora, al contrario, dovrò fare i conti con la paura di non riuscire più a sentirmi al sicuro lì dentro. Prima la divisa da infermiere era per me come uno scudo, me la immaginavo così: come qualcosa che riuscisse sempre a tutelarmi, facendomi sentire dentro un nido al riparo da tutto. Ora, dopo quello che è successo, farò chiaramente molta più fatica”.
“Quasi ogni giorno – continua – ripenso a quanto successo. A volte mi capita anche all’improvviso, quando sto facendo altre cose, e tutto ad un tratto mi rimbalzano alla mente le immagini di quell’episodio. Ma, lo ribadisco, con forza e determinazione continueremo a portare avanti la battaglia contro la violenza sui sanitari: come si può, infatti, aggredire una persona che sta aiutando un familiare a continuare a vivere, a farlo star meglio? Tutto devono capire che la violenza, in ogni sua forma, è qualcosa di terribile e va contrastata con forza. Non possiamo più accettare episodi di questo tipo, né in ospedale, né a scuola, in autobus, in strada o da qualsiasi altra parte”.
Maurizio però, riavvolgendo il nastro della memoria, ricorda anche l’ondata di affetto e di solidarietà che ha travolto i due sanitari dopo il brutto episodio.
“L’intera città ci è stata davvero vicinissima, fin dal primo momento. Abbiamo avuto un grandissimo appoggio da parte dell’azienda ospedaliera, dalle istituzioni, dai sindacati, e da tutti i cittadini. Un affetto – spiega – che ci ha lasciato senza parole. A oggi posso confermare che proprio questo affetto ha saputo aiutarci in un momento molto brutto e delicato, e ha saputo rimarginare qualche piccola ferita”.