Il mondo sociosanitario è ancora scosso da quanto emerso dall’indagine della procura sull’infermiera accusata di omicidio. La donna ha iniettato aria nelle vene di una anziana in una Rsa di Formigine. L’operatrice è stata allontanata da altre strutture per altri comportamenti anomali. Il segretario confederale di Cisl Emilia Centrale Andrea Sirianni traccia il quadro dell’accreditamento di queste strutture.
Sirianni, la qualità di questi presidi sociosanitari passa anche dal contratto di accreditamento. C’è qualcosa da migliorare?
"Nel nuovo accreditamento ci sono delle novità positive perché si offre alle strutture la possibilità di assumere più personale che è essenziale per migliorare la qualità dell’assistenza e ridurre il rischio del burnout degli operatori. Si pone maggiormente l’accento sulla formazione e si prevedono nuovi servizi come l’assistenza infermieristica h24. Il problema però resta quello di rendere attrattivo questo lavoro perché altrimenti pur potendo non riesci ad assumere".
Come fare?
"Un buon passo in avanti è aver ridotto il rapporto tra numero di utenti e operatori. Poi è necessario stanziare risorse per incrementare gli stipendi: di recente, ad esempio, abbiamo rinnovato il contratto nella cooperazione sociale, ma è chiaro che il lavoro di cura meriterebbe di più".
A proposito della vicenda dell’infermiera indagata, il sistema dei servizi per la non autosufficienza è in grado, secondo lei, in linea di massima di intercettare queste falle?
"Sono casi particolari che è complicato far emergere. Sicuramente però è l’occasione per rilanciare nuove modalità di controlli basate non più solo sulla verifica numerica e quantitativa o degli standard delle strutture, ma anche sul dialogo con il personale e gli utenti. Solo così possono essere scovate le anomalie. Lo abbiamo sperimentato nella fase iniziale del covid, quando in diverse residenze mancavano i dispositivi di protezione e grazie alle segnalazioni degli operatori siamo intervenuti".
L’infermiera accusata riusciva a muoversi molto in solitaria: la sensazione è che si dovrebbe poter lavorare sempre assieme ai colleghi.
"Il nuovo accreditamento delle strutture potenzia la formazione e incentiva il lavoro in equipe così da spalleggiarsi e correggersi nel caso. L’idea è far evolvere il modello delle residenze valorizzando non solo l’aspetto sanitario, ma anche la socialità, il rapporto tra utenti e tra utenti e operatori".
Un po’ come si prova a fare con il co-housing. È possibile arrivare a superare le residenze protette a vantaggio di condomini condivisi?
"Io credo che lavorandoci per tempo con le nuove generazioni di anziani sarà possibile. A Modena d’altronde esistono già esperienze in tal senso con utenti che hanno un minimo di autosufficienza. Tra l’altro a Modena, considerando il nodo degli affitti alti per gli studenti, si potrebbero praticare modalità già avviate in alcuni Paesi europei: anziani soli che vivono in case grandi, messe a disposizione a canoni calmierati in cambio di aiuti in casa".