STEFANO MARCHETTI
Cronaca

Il vescovo Erio Castellucci: "Almeno un anno di lavoro per unificare le due diocesi"

Ecco i tre persorsi per la fusione di Modena e di Carpi: il più complesso è quello amministrativo "Alcune strutture sono ormai sovradimensionate e lontane dalla finalità originaria".

Il vescovo Erio Castellucci: "Almeno un anno di lavoro  per unificare le due diocesi"

L'arcivescovo Erio Castellucci

Modena, 22 settembre 2024 – La fusione delle due diocesi di Modena e di Carpi avverrà entro qualche tempo – questo è certo – ma non sarà né domani né dopodomani né fra un mese. "Se saremo bravi potrà servire un anno, ma forse anche due o tre. Ci metteremo il tempo necessario", ci ha detto l’arcivescovo Erio Castellucci, a margine dell’assemblea interdiocesana che ieri (presso la parrocchia di Gesù Redentore) ha inaugurato l’anno pastorale. Con una novità in prospettiva: la definitiva unificazione delle due diocesi che dovranno diventare un corpo solo e un’anima sola.

Don Erio, sarà un percorso leggero o pesante?

"Dipende da noi. Solo pochi giorni fa abbiamo ricevuto l’indicazione, da parte del dicastero vaticano e del nunzio, di procedere verso l’unificazione. Il consiglio presbiterale interdiocesano ne ha preso atto e ha impostato tre aree di cammino che dovremo affrontare".

Ce le anticipa?

"Innanzitutto c’è un’area pastorale: significa comprendere cosa implichi l’unificazione per le nostre parrocchie e per l’esperienza cristiana, e in questo ambito di sono già esperienze di collaborazione avviate. Poi c’è un area territoriale: dovremo forse rivedere la struttura dei vicariati, senza penalizzare nessuno. La questione amministrativa è molto complessa: fondere le diocesi significa mettere insieme gli uffici di Curia o l’Istituto diocesano per il sostentamento del Clero, e ci saranno procedure da affidare a specialisti"

Qualcuno dice che Modena ‘accorperà’ Carpi, e in fondo la diocesi grande ‘mangerà’ quella più piccola...

"Non esiste un accorpamento delle diocesi, nessuna assorbe l’altra: c’è una fusione in cui nasce, in un certo senso, una terza diocesi. Questo processo risponde a un’indicazione che era già nei Patti lateranensi del 1929 in cui si auspicava che le diocesi andassero verso le province: a metà degli anni ‘80 c’è stata già una riforma che in Italia ha unito un centinaio di diocesi, da 325 a 226, e già allora la Congregazione per i vescovi chiese di proseguire. Si cerca di chiedersi come le strutture possano adeguarsi alla realtà".

Ha intitolato ‘Il peso leggero’ la sua lettera pastorale anche pensando alle complessità che si dovranno affrontare?

"No, in realtà l’ho pensata quando ancora non era arrivata la determinazione. A questo ‘peso leggero’ io do un significato più ampio e spirituale: operatori pastorali, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, offrono testimonianza di vita cristiana bella quando la vivono non come un carico pesante che schiaccia, ma come un peso leggero, portato insieme a Gesù e insieme agli altri. La lettera cerca di richiamare un animo pastorale: vivere con gratitudine il servizio, portare i pesi gli uni degli altri e testimoniare la gioia".

Tuttavia il peso è anche quello burocratico delle incombenze, delle carte, della burocrazia...

"Certo, alcune strutture sono da alleggerire perché sono sovradimensionate e ormai lontane dalle finalità per cui sono state pensate: questa è una leggerezza da guadagnare. Ma l’essenziale resta sempre nel cuore. Se una persona è grata, affronta tutto con leggerezza, ma se è appesantita dentro non c’è leggerezza fuori che tenga".