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I 90 anni di Liliana Cavani: "Vivo il presente"

La celebre regista e sceneggiatrice sta ultimando un nuovo film: "Continuo a lavorare. Carpi? Bella città portata al successo dalle donne"

I 90 anni di Liliana Cavani: "Vivo il presente"

I 90 anni di Liliana Cavani: "Vivo il presente"

Il nuovo anno segna due importanti traguardi per la regista e sceneggiatrice carpigiana Liliana Cavani. Il compimento dei 90 anni (giovedì) e un nuovo film che sta ultimando, ‘L’ordine del tempo’, come il titolo del libro che l’ha ispirata, quello di Carlo Rovelli, fisico teorico di fama mondiale, storico e teorico della scienza.

Un bel traguardo per lei: che bilancio si sentirebbe di fare? "Non sono solita fare ‘bilanci’, non ne ho bisogno, perché so quello che c’è stato e quello che c’è. Il futuro? Vedremo. Preferisco parlare della mia avventura esistenziale, iniziata a Carpi, mia città natale, e poi proseguita a Roma".

Una sorta di ‘viaggio’?

"Esatto. I viaggi non si fanno solo in aereo e in treno, ma è un viaggio anche la vita, con i suoi alti e bassi. Ho lavorato realizzando i progetti che mi piacevano. Se li dovessi ‘rifare’ con la testa di oggi, insisterei più sugli approfondimenti, alla luce della maggiore esperienza. Esiste un principio e una fine, ma io vivo l’oggi".

E com’è il suo ‘oggi’?

"Lavoro, come ho sempre fatto, realizzando film e documentari, con la speranza che le persone, il mondo, la politica siamo più ragionevoli e sapienti nel futuro".

A cosa si riferisce?

"Si prenda la storia, la guerra. Mi sono laureata in Lettere antiche: se leggo la storia, da quando si ha memoria dell’uomo, le guerre esistono, ma sono sempre più assassine. C’è proprio bisogno di un tale massacro? Lo reputo assurdo: è espressione dell’incapacità degli uomini di sapersi gestire, di comporre i dissidi per mantenere la pace. Tutti parlano troppo, occorrerebbe agire di più".

Richiama il ruolo della politica?

"Le decisioni finali sono prese a livello politico; l’auspicio è che siano sempre le migliori e più sagge".

Lei s’indigna ancora?

"Certo che m’indigno. Quello che sta accadendo in Iran, con la repressione delle istanze delle giovani donne mi indigna profondamente".

Un suo pensiero bello per il nuovo anno?

"Voglio un anno in cui si possa anche ridere. Io non lo so fare, ma mi piace molto ridere. Ad esempio, non sarei capace di realizzare un film comico, ma adoro i film di Sordi e di Verdone, capaci di fare ridere analizzando l’umanità".

Che legame ha con la sua Carpi?

"E’ sempre una bella città, che merita di essere vista. I carpigiani sono brava gente, dotati di una bella intelligenza. Almeno due o tre volte all’anno torno, ho ancora dei parenti, un cugino e degli amici".

Cosa le manca della sua città natale?

"L’abitudine a vivere nello stesso luogo: è come abitare tutti in una grande casa. Poi, ammetto di essere rimasta piacevolmente colpita, l’ultima volta che sono venuta, da un ristorante a ridosso del centro storico il ‘Carducci’: so che esiste da anni ma era la prima volta che andavo e non vedo l’ora di tornarci. Oltre alla bontà dei piatti, alla precisione e pulizia, mi ha colpita che fosse gestito tutto da donne. Mi ha fatto tornare indietro nel tempo".

L’immagine delle donne di Carpi…

"Nel dopoguerra sono state le donne, le ‘magliare’, a trainare Carpi verso il successo, creando benessere prima che in altri luoghi. Penso a Maria Nora, ma c’erano anche altre figure femminili, cinque o sei realtà dove le donne lavoravano, in fabbrica o da casa, consentendo così il riscatto dalla miseria, manifestando la vera e propria capacità di fare impresa".

Maria Silvia Cabri