Modena, 26 settembre 2018 - "Lo sapevamo tutti che quelle erano cattive compagnie e glielo abbiamo detto, noi, a Giuseppe. Ma non ci ascoltava, era orgoglioso. Lo seguiva e voleva stare con lui anche se, qualche volta, tornava da noi. Abbiamo provato a salvarlo... Non ci siamo riusciti". La voglia di essere accettato prima di tutto. Il desiderio di stare ‘dalla parte dei forti’, di sentirsi accettato, parte di un gruppo. Di essere quello che ‘le dà’ piuttosto che quello che le prende.
In questo ‘è scivolato’ Giuseppe, il ragazzino trucidato dall'amico; nell’ingenuità di un 16enne che cerca consensi da quelli che, in paese, hanno il ‘potere’. I cattivi ragazzi che affascinano perché nessuno, mai, oserebbe contraddirli. Che girasse droga tra loro e violenza, qualche volta, sulle colline al confine tra Castello e Ciano, Bologna e Modena lo sapevano tutti. Anche se preferivano mantenere il segreto poichè parlarne poteva risultare rischioso. Ma che quello che la vittima considerava l’amico da emulare potesse diabolocamente e con tanta leggera crudeltà prendersi la sua vita; quello no: nessuno se lo sarebbe mai aspettato.
Perché la morte è già difficile da accettare per un adolescente che spesso scherza con la vita, credendosi invincibile. E se poi questa è causata da un coetaneo che, comunque, le serate con loro nel bene o nel male le trascorreva, il pensiero si fa ancora più lontano. "Non si vedeva da giorni in giro – affermano i quattro amici di Giuseppe Balboni che ieri pomeriggio, appresa la tragica notizia, hanno lasciato piccoli fiori gialli all’inizio del vialetto che porta alla casa dell’assassino. Dove il corpo dell’adolescente è stato trovato. Ma noi, da lui, abbiamo sempre cercato di tenerci lontano". Perché? Perché i ragazzi di Castello preferivano evitare i ‘nuovi amici’ di Giuseppe? "Fino alle medie era sempre con noi", spiega il migliore amico, ciondolando dinanzi a quel ponticello al di là del quale Giuseppe ha trovato la morte. Poi ha conosciuto questi ragazzi, alcuni più grandi di lui. E ha iniziato a vedere meno noi". "Glielo dicevamo che erano pericolosi – affermano altri tre 16enni – tutti lo sapevano qui che facevano girare droga. Erano strani ma noi siamo ragazzi col cervello e glielo dicevamo a Giuseppe. Lo abbiamo messo in guardia ma non abbastanza".
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Sono stati loro, gli amici di infanzia, con un coraggio raro a quell’età a mettersi in contatto coi carabinieri. "Volevamo solo essere utili. Sapevamo che lui (Giuseppe) e l’altro (il 16enne in stato di fermo) avevano litigato. Ma erano cose banali – sottolineano – si sono urlati perché dovevano andare al mare insieme ma, alla fine, l’altro non c’è andato e Giuseppe ci è rimasto male". Loro, ‘i buoni’, avevano capito che a cavallo tra Modena e Bologna girava la droga. E avevano capito che a farla girare erano loro... I cattivi ragazzi che Giuseppe aveva scelto. "Giuseppe e il fratello sono buoni; ma alla fine abbiamo preferito prendere le distanze da lui e frequentare solo il fratellino perché anche Giuseppe era strano negli ultimi tempi. Non volevamo guai, ma abbiamo continuato a dirglielo di lasciarli perdere. Quando hanno trovato il motorino, abbiamo capito che c’entrava qualcosa: dovevano incontrarsi per la colazione la mattina della scomparsa".
Cosa dovevano dirsi la mattina del 17 settembre Giuseppe e il coetaneo? Perché incontrarsi tanto presto?. "Non aveva paura di niente, lui, affrontava tutto – commentano i quattro adolescenti guardando a terra –. Ma noi per paura, non siamo arrivati in tempo". Su Instagram in serata è arrivato il ricordo di Giuseppe scritto dalla ex fidanzatina: "Non mi hai ascoltata quando ti dicevo di smettere e mi hai lasciata qua da sola, piango tanto sai amore mio?».