VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Giovani violenti, la ’confessione’: "Mi sono unito a loro una sola volta. Avevo paura, temevo vendette"

Uno dei minori finito al centro dell’indagine su pestaggi e rapine ha raccontato la sua verità davanti al giudice "Li ho incontrati fuori da scuola, tirandomi indietro pensavo che il branco avrebbe fatto del male anche a me"

L’avvocato Deborah De Cicco

L’avvocato Deborah De Cicco

Modena, 14 gennaio 2025 – "Sono dispiaciuto per l’accaduto e certamente non era mia intenzione fare male a nessuno. Purtroppo ho incontrato all’uscita della scuola che frequento, un istituto professionale di Modena, due ragazzi che conosco pochissimo e che mi hanno chiesto di andare con loro a domandare dei soldi ad un nostro coetaneo. Non li ho mai frequentati, era la prima volta che interagivo con loro. Era la prima volta – ha puntualizzato – che si rivolgevano a me ma la verità è che, tirandomi indietro, temevo mi avrebbero fatto del male".

Timore di subire a sua volta prevaricazione, violenza. Timore di essere ritenuto un debole dal branco. Sarebbe stato questo ‘sentimento’ a spingere uno degli studenti a prendere parte ad una delle nove violente rapine e aggressioni ai danni di coetanei. Al giovane viene contestato un singolo episodio: una tentata rapina del 14 novembre scorso. Parliamo del 15enne che, insieme a due fratelli di 14 e 17 anni e ad altri due coetanei, è stato sottoposto a misura domiciliare dopo un’indagine condotta dalla Mobile unitamente all’Arma dei carabinieri e alla Polizia locale. Il gruppo risponde a vario titolo di diversi e gravi reati: rapina, tentata rapina, lesioni ma, appunto, al 15enne ne è stato contestato all’esito delle celeri indagini solo uno.

Ieri il ragazzino, di origini algerine, ha raccontato la propria verità davanti al giudice del tribunale dei minori, alla presenza del suo legale, avvocato Deborah De Cicco. Lo studente frequenta un istituto professionale noto per la sua complessità e questo, sicuramente – ha sottolineato lo stesso minore – lo ha posto in contatto con ragazzi ‘ribelli, violenti’ essendo per sua natura estremamente influenzabile e fragile. "Non ero affatto d’accordo e non condividevo quello che avevano deciso di fare ai danni del mio coetaneo, ma avevo paura di ricevere dispetti e vendette" chiarisce il giovane, che appunto ha spiegato la situazione, la sua verità davanti al giudice durante un interrogatorio in cui più volte si è interrotto proprio per il precario stato emotivo.

Sarebbe stata dunque la prima e unica volta quella mattina di metà novembre che il branco gli ha chiesto di ‘unirsi’ nel progetto criminale. Non sarebbe stato un colpo programmato ma ‘capitato’, a cui non si sarebbe sottratto nel timore di diventare da carnefice a vittima in meno di un secondo. Il minore – arrivato in Italia all’età di dieci anni e con una famiglia solida alle spalle – ha infine sottolineato di voler cambiare istituto scolastico dopo quanto accaduto. La difesa ieri ha richiesto al Gip la presa in carico da parte dei servizi sociali, affinché approntino un concreto progetto rieducativo e di sostegno per il ragazzino e le sue fragilità nonché per la sua famiglia. Il giudice, però, ha mantenuto la misura della permanenza domiciliare.