La genealogia di famiglia e le peripezie per ricostruirla sono al centro della trama del romanzo appena pubblicato da Gianfranco Mammi: ’Storia naturale dei miei avi. Tutti povera gente tranne uno’ (Exorma 2024). Un tema lontano dai racconti e romanzi umoristici dello scrittore modenese, ricchi di spassosi imprevisti. Eppure, cercare le tracce dei propri antenati può diventare una passione piena di avventure. Soprattutto se finanziata da Braccino Corto, un facoltoso e potente fratello che abita in Canada, e se ci si imbatte in un parente sconosciuto che abita in montagna e in una girandola di altri personaggi. Le tracce degli antenati restano sempre labili, custodite in preziosi registri di parrocchie sperdute che segnavano nascite, nozze e decessi o in documenti negli archivi di Stato, notarili e diocesani. Mammi ha fatto ricerche sulla sua famiglia ma il romanzo ricalca quelle orme con personaggi immaginari. E, leggendolo, si impara anche a ricostruire il proprio albero genealogico.
Mammi, come è nata l’idea di un romanzo genealogico?
"Dopo quattro anni di ricerche sulla mia famiglia paterna. Non avevo alcuna intenzione di utilizzare i risultati per scopi narrativi. Amici e parenti mi chiedevano: usi tanto tempo e tanti soldi, vai avanti e indietro per l’Appennino tra Modena e Reggio, passi le ore agli archivi di Stato e diocesani, per cosa? Perché mi interessa, rispondevo. In effetti è stata una ricerca appassionante. I primi passi li ho fatti online. Il sito del ministero della Cultura mette a disposizione molti atti dello stato civile in Italia, sia napoleonici che dopo l’Unità. In mezzo c’è un buco, dal 1815 al 1861. Per questo ho iniziato ad andare per parrocchie".
L’interesse iniziale da cosa è scaturito?
"Io e mio fratello, che siamo gli ultimi della famiglia, non sapevamo niente dei bisnonni, sia materni che paterni. Sapevamo solo i loro nomi. E abbiamo due foto di una nonna della quale sapevamo che era nata a pochi metri dalla casa costruita da mio nonno nel 1912 tra Gombola e Polinago".
Il libro non parla della sua famiglia, ma ricalca ugualmente la ricerca che ha fatto?
"Il libro è stato scritto in soli 34 giorni perché, a differenza degli altri miei racconti e romanzi, non si basa su una trama inventata. Ho ricalcato i miei quattro anni di ricerca, condensati in quattro mesi nel racconto, e ho semplificato le procedure per ottenere i documenti che in realtà sono lunghe. Quello che non è ricerca è pura invenzione".
Nel romanzo il fratello è un benestante superesperto di successo di meccatronica che dal Canada sprona il protagonista a fare ricerche pagandolo.
"Mio fratello reale non è così. Anche il meccatronico del libro non è esattamente lo stesso, come la donna che incontro. Però visto che volevo evitare la prima persona, ho scaricato tutto su Braccino Corto".
Al fratello del romanzo la passione per la genealogia è venuta abitando in Canada.
"Le ricerche genealogiche sono molto sviluppate nel Nord America proprio perché chi abita lì discende da immigrati. Fino a 50 anni fa chi era di origine latina o italiana quasi sempre si vergognava delle sue origini e spesso camuffava il nome. Poi dagli anni ’70 col successo di Scorsese, De Niro, Travolta e di Madonna c’è stata la riscoperta".
Nel corso della storia il Dna rivela che in lei ci sono forti tracce di area greca e qualcosa di asiatico occidentale. Possiamo pensare che le impronte storico-genetiche fornite dalle analisi diano una spallata al razzismo tradizionale?
"Da sempre dico che la nostra discendenza diretta dai Romani o dai Galli è improbabile. L’Italia, ai tempi della Repubblica, era piena di schiavi di ogni provenienza. Per questo sarei curioso di sottoporre Vannacci al test del Dna".
Grazie al Dna lei scopre che uno stravagante montanaro è un suo parente. L’aiuterà a ricostruire dei ramni dell’albero genealogico.
"Esiste davvero e vive in Appennino. La scoperta è legata a una maestà dedicata a un mio parente, Joseph Mammi: l’avevo vista da piccolo ma non la trovavo più. Un mio vicino mi indicò la zona. Quando la trovai, sbucarono quattro cagnoni abruzzesi e questo parente, oggi pensionato, cresciuto a Genova. E quando gli ho spiegato cosa facevo mi ha detto ’Belin, anche io sono un Mammi!’".
Lei definisce i suoi antenati ’tutti poveri tranne uno’.
"Oltre al mio fratello canadese… In realtà l’unico benestante è vissuto nel ‘700 ed era un alfiere, un titolo militare di rilievo".
c.g.