BEPPE BONI
Cronaca

Generale e monsignore: 40 anni di don Sacella

Domani il vulcanico parroco di Torre Maina festeggia l’anniversario del sacerdozio. "Da bambino volevo fare il missionario"

di Beppe Boni

Ha appena finito di celebrare quattro battesimi e "questa è una bella notizia", dice con un gran sorriso incorniciato dal contorno di capelli e barba candidi Don Pierino Sacella, 67 anni, bergamasco di nascita ed emiliano di adozione. Domani festeggia i 40 anni di sacerdozio, in buona parte trascorsi indossando la divisa degli alpini come cappellano militare fino al 2014, anno in cui ha lasciato la cura delle anime con le stellette (ma non del tutto) all’Accademia militare di Modena per dedicarsi definitivamente a quelle dei parrocchiani di Torre Maina, nelle prime colline sopra Maranello. Dietro la scrivania tante foto e due cappelli con la penna nera.

Com’è cominciata?

"Da figlio unico a 12 anni sono entrato a studiare in seminario. In seguito uscii, terminai gli studi all’esterno e nel 1979 feci il servizio militare in fanteria poi dopo il collegio religioso presi i voti. Da bambino volevo fare il missionario in Africa, colpito dai racconti di alcuni conoscenti, poi è arrivata la passione per la divisa".

Beh, essendo bergamasco...

"Fui ordinato sacerdote nel 1982 al Duomo di Bergamo insieme ad altri 19 giovani. Dissi subito al vescovo che volevo entrare nell’esercito. Mi accontentò ma prima mi fece fare 4 anni di esperienza nella diocesi di Capriate".

Primo incarico con le stellette?

"A Silandro, Val Venosta in Alto Adige. Ero al Battaglione Tirano a Malles, artiglieria da montagna. Vita dura, esperienza bellissima".

E dopo?

"Nel 1995 sono stato trasferito al 3° Reggimento alpini Pinerolo in Val di Susa. Anche lì facevo la stessa vita dei soldati. Esercitazioni, addestramento, marce in alta montagna, trasferte. Avevo il grado di capitano. Andammo per 4 mesi in missione in Bosnia, dove ho assistito anche la popolazione locale. Prima di approdare in Accademia fui presente nel 1997 alla visita dei Papa Giovanni Paolo II a Sarajevo".

Poi a Modena.

"Con gli allievi è stata un’altra bellissima esperienza. Nel frattempo seguivo anche la parrocchia attuale. Mi congedai da generale e nel Duemila il vescovo mi ordinò monsignore".

Allora generale, come la mettiamo con le accuse di molestie agli alpini in occasione del raduno di Rimini?

"Io non sono potuto andare per gli impegni qui in parrocchia. Ma ho fatto tanti altri raduni. E’ una vicenda strumentalizzata, gli alpini sono gente seria che non va criminalizzata. Certo, qualche singolo un po’ alticcio avrà esagerato, ed è un errore, ma per ora risulta una sola denuncia. Hanno tentato di infangare le penne nere e tutti adesso fanno battute sugli alpini. E poi...".

E poi cosa?

"La società civile deve preoccuparsi piuttosto delle vere, tante molestie che ci sono d’estate nei luoghi di vacanza. E delle brutali e continue violenze sulle donne a cui assistiamo quasi tutti i giorni".

Cosa risponde a chi la critica per la sua passione, la caccia?

"Guardi cucinare un fagiano cacciato equivale a mangiare un pollo comprato al supermercato. E poi la Chiesa non pone divieti e Nostro Signore sulla caccia non si è mai pronunciato".

Gli animalisti per questo l’hanno attaccata più volte.

"Hanno fatto irruzione in parrocchia tre volte, hanno offeso me e i fedeli, hanno creato scompiglio nella casa di Dio. Uno di loro è stato appena condannato e la Procura ha riaperto le indagini. Col mio avvocato andiamo avanti. Si può criticare, ma devono imparare l’educazione".

A quando la pensione?

"Finchè la testa funziona vado avanti. I sacerdoti possono andare in pensione a 75 anni, ma non c’è obbligo".

Due o tre numeri che diano l’idea di come funziona la sua parrocchia?

"La messa è sempre ben frequentata, al catechismo seguiamo 230 bambini, nel 2021 ho officiato 65 battesimi e oggi siamo già a 40".

Il generale Sacella sorride, poi indossa il cappello con la penna e saluta dinanzi ad una maestà in legno con crocefisso.